Un pomeriggio di luglio, torrido, difficile da far passare. Una chiacchierata può essere una scusa buona per ingannare i minuti che non se ne vanno. , l’uomo prima del sindaco: senza la necessità di dover parlare per forza di cose serie. A volte fa bene: per chi scrive, per chi racconta. E, chissà, magari anche per chi legge.
Adoro il caldo: non me ne vogliate, ma io sto benissimo. A me piacciono molto i climi estremi: caldissimo oppure freddissimo. Detesto quelle giornate in cui non sai come vestirti, che non sanno decidere tra pioggia o sole.
Che sono persone perbene, bravi ragazzi che vogliono solo lavorare.: almeno, la maggior parte. Il vero problema è che si sta giocando con le loro illusioni: da mesi chiedo al governo di parlare chiaro, e dire a questa gente quale progetto c’è su di loro. Perché non si può fare come si è fatto con quelli arrivati dalla Libia tre anni fa: gli hanno dato una carta d’identità, 500 euro, e gli si è detto di arrangiarsi. Questa non è accoglienza, questa è violenza. E se questa gente dovesse scegliere tra stare a casa loro e dormire in una fabbrica abbandonata infestata dai topi, non so cosa preferirebbe.
La vittoria per un sindaco è riuscire a fare il bene della sua città. Ora sto cercando di farlo, perché voglio bene al Varese e perché credo che il Varese sia un nostro patrimonio. Ma ritengo di aver fatto il bene della città anche dieci anni fa: quello stadio non avrebbe risolto i problemi del calcio, e avrebbe distrutto la nostra città. Non meritavo gli insulti allora, non merito gli applausi oggi.
Non mi piacciono mai le persone eccessivamente populiste. E non credo che una persona si debba sentire in colpa se i suoi genitori hanno lavorato lasciandogli in eredità un po’ di benessere.
Ho letto recentemente un libro meraviglioso, davvero bello nella sua semplicità. L’ho fatto leggere a mia moglie e l’ho messo nella valigia di mio figlio prima che partisse per le vacanze. Il libro si chiama Stoner, di John Williams.
Il film è “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Vederlo mi ha fatto rendere conto che quasi mai la verità è quella che appare, che spesso chi detiene il potere può stravolgere la realtà dei fatti. È stato un film di rottura, arrivato in un periodo storico – parliamo del 1970 – in cui certe cose non erano mai state messe in discussione. La canzone? Una dei Beatles, assolutamente, perché mi hanno insegnato ad amare la musica. Del mitico album doppio, scelgo quello con la copertina bianca.
Innanzitutto accettando il fatto che questa è la vera guerra di questi tempi, senza fare gli struzzi. C’è una parte dell’umanità che ha dichiarato guerra a un’altra parte dell’umanità. E poi bisogna lavorare: per eliminare le grandi tensioni sociali che stanno portando troppa gente sulla via dell’estremismo. E poi dovremmo tornare a essere fieri dei nostri valori: etici, morali, religiosi e di democrazia. Noi ce ne vergogniamo, loro ne vanno fieri e purtroppo spesso sono disposti a sacrificare la vita.
Entrerò nel mio studio da avvocato consapevole del fatto che potrò starci per tutto il giorno. Che potrò viverlo, abitarlo, tornare a farlo mio. Tornerò a fare il mio mestiere, che francamente è la cosa che più mi è mancata in tutti questi anni passati a fare il sindaco di Varese.
Entrambi hanno sbagliato i tempi: si sono seduti sulla panchina di Varese, che non è una panchina semplice, senza aver capito che non era ancora arrivato il loro momento.
Mrsic aveva smesso di giocare da un anno, Pozzecco arrivava da un’esperienza da allenatore ancora troppo breve. Ma è il loro mestiere e arriveranno lontano, perché entrambi hanno qualcosa che non si può insegnare. L’entusiasmo.
Io sono più che disponibile a farlo: Meo è un amico personale che quando può viene a trovarmi, quindi lo rivedrei molto volentieri.
Però l’organizzazione può partire solo se la Pallacanestro Varese dà l’ok, se ci sta a fare una cosa del genere.
Io ci sto. Organizziamo?