Anche il disabile può fare sport

È stato molto bello rivedere i nostri ragazzi, erano stanchi ma felici, uniti, perché hanno vissuto una bella esperienza. Da quando sono partiti, un ciclo si è compiuto. Abbiamo avuto tantissime soddisfazioni da queste Paralimpiadi, e nessuna delusione, perché anche chi non è andato a medaglia si è migliorato, ha battuto più record italiani. Insomma, i nostri obiettivi li abbiamo centrati, e mai avrei potuto immaginare che Federico prendesse tutte quelle medaglie. Un giorno ho dovuto scrivergli: «Fede,

non sei mica ai campionati italiani eh!». Sono soddisfazioni che ripagano comunque, perché abbiamo lavorato con umiltà, siamo abituati a fare più che a dire. Mi auguro adesso che questo successo porti con sé un indotto: l’obiettivo primario è far passare l’informazione che si può fare sport anche se disabili. Un messaggio che deve giungere a quei bambini e a quei ragazzi che sono ancora in casa e non ci conoscono o non hanno il coraggio di venire. Cito come esempio la finale dei 100 metri di atletica delle nostre ragazze: quattro anni fa Monica Contrafatto era su un letto d’ospedale, aveva appena perso una gamba, e in televisione vide Martina Caironi vincere l’oro a Londra. In questi quattro anni si è allenata ed ha vinto il bronzo qui a Rio de Janeiro. Ma le medaglie sono il clou, è lo sport che fa bene, permette di stare in compagnia, di cercare il limite e di superarlo. E mi auguro anche che, spenti i riflettori, ci sia sempre qualcuno pronto a tenderci la mano, ad aiutarci, a tenere vivo l’interesse sul lavoro e sulla fatica di questi ragazzi. Noi ci siamo, tutto l’anno, e iniziamo già a prepararci per i prossimi obiettivi.