Giù il cappello davanti a Giuliano Melosi che, arrivato sulla panchina del Varese, non ha steccato ma ha convinto, trascinando i biancorossi in testa al campionato di Eccellenza, dominato in tutti i sensi dai suoi.
I 39 punti conquistati nelle prime quindici partite, sui 45 disponibili, certificano la forza di un gruppo superiore a tutti gli altri della categoria che, per la verità, si allenano ogni giorno alla sera, dopo gli impegni lavorativi. I giocatori del Varese, invece, lo fanno durante la settimana, hanno ritmi semi professionistici e i risultati si notano in campo la domenica perché la squadra è nettamente più fresca fisicamente di tutte le altre del girone.
Me l’auguravo sapendo che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e oggi sono molto soddisfatto.
Ricordo benissimo: allenava Devis Mangia e i biancorossi erano arrivati secondi dietro all’inarrestabile Fanfulla. Vincere non è mai facile e noi non abbiamo ancora vinto il nostro campionato. Arconatese e Legnano puntano alla promozione e il girone di ritorno è ricco di insidie che, comunque, sono lì, dietro l’angolo, anche per gli altri. Siamo stati bravi ad allungare, ottenendo un discreto vantaggio, come ha fatto il Parma in Serie D, ma anche gli emiliani hanno incontrato qualche difficoltà prima di prendere il largo.
Sapevamo che dovevamo giocare per vincere ogni partita e ho avuto la fortuna di poter contare su Danilo Vago, che ha scelto giocatori bravi e mi ha aiutato a costruire un buon gruppo.
Viscomi, Capelloni, Piccinotti erano già stati con me, ad esempio. Ho voluto io Marrazzo e ho chiesto io di trattenere Zazzi, giovane che oggi è sulla bocca di tutti. Piraccini è un’altra mia vecchia conoscenza. Il general manager Paolo Basile mi ha ascoltato portandomi i giocatori che volevo.
Ci siamo stimati da subito, dal primo minuto in cui ci siamo conosciuti: è nato un legame fortissimo non solo dal punto di vista professionale perché siamo diventati anche molto amici.
Questo gruppo è ottimo e molto equilibrato. Noi eravamo giovani tutti abbastanza pazzerelli dal punto di vista caratteriale e Soldo era bravo a farci sentire uniti anche se la società non pagava gli stipendi. Carletto aveva al suo fianco Ciro Improta, preparatore atletico che è tornato con me al Varese. Eravamo in forma e restando uniti ci siamo salvati.
E come non potrei? Le prime quattro partite del 2016 sono fondamentali: si torna al Franco Ossola per affrontare il Verbano, secondo, poi ci sono due trasferte consecutive con Pro Vigevano e Fenegrò, e quindi arriva a Masnago il Legnano. Ci servono almeno dieci punti in queste quattro gare e allora saremo a buon punto.
Come potrei dimenticarlo? Ho ancora la foto di quella gara indimenticabile e l’ho mandata proprio di recente a Ulisse Raza, oggi allenatore del Tradate e un tempo mio compagno nel Varese: l’ha messa subito sui suoi profili nel social.
Impegnativo ma ogni giovedì io gioco con altri amici che hanno un passato di tutto rispetto nel calcio: Seedorf, Ambrosini, Brocchi e Benny Carbone.
Siamo a posto così.
Preferisco tenere per me quello che accade nello spogliatoio. Una volta l’ho ribaltato a suon di urla ma non vi dico quando è stato.
Nel 1985-1986 giocavamo in C1 e a Padova avevo marcato Valigi, ex della Roma: il giorno dopo il nostro presidente Giuseppe Marotta disse che il ragazzo da due miliardi di lire ero io. Una soddisfazione immensa.
Quando scendiamo in campo puntiamo sempre a vincere e convincere. Non era facile con venti giocatori nuovi eppure ce l’abbiamo fatta. L’intesa è perfetta.