Non era una scena del reality Cucine da incubo, ma una vera e propria cucina dell’orrore quella emersa dalle indagini su un locale del lungolago di Arona, nella zona della movida. I titolari, padre e figlia, sono stati condannati in primo grado a due anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti ai dipendenti, tra cui anche episodi di insulti razziali, minacce e violenze fisiche.
La condanna del tribunale di Verbania
La sentenza, emessa dal tribunale di Verbania, ha accolto la richiesta del pubblico ministero che aveva chiesto una condanna severa, descrivendo un ambiente di lavoro «oppressivo e violento». Camerieri, lavapiatti e cuochi – tra cui un lavoratore straniero – sarebbero stati sottoposti a umiliazioni, minacce di licenziamento, aggressioni e in alcuni casi addirittura minacce di morte.
Le denunce presentate da sei ex dipendenti hanno dato avvio all’inchiesta, quattro dei quali si sono costituiti parte civile. Ai lavoratori è stato riconosciuto un risarcimento compreso tra 4.000 e 8.000 euro ciascuno, a titolo di danno morale e materiale.
Secondo quanto ricostruito in aula, uno dei dipendenti sarebbe stato malmenato, mentre un altro sarebbe stato minacciato con un coltello da cucina. Un lavoratore marocchino avrebbe invece subito insulti a sfondo razziale.
L’inchiesta e le reazioni
L’indagine, coordinata dalla Procura di Verbania, ha raccolto nel tempo testimonianze e riscontri diretti su episodi di maltrattamenti e intimidazioni all’interno del ristorante. Le prove raccolte hanno delineato un quadro di abusi sistematici, tanto da configurare il reato di maltrattamenti sul luogo di lavoro, pienamente riconosciuto dai giudici.
La difesa pronta all’appello
La sentenza, tuttavia, è ancora di primo grado. Gli avvocati dei due imputati hanno già annunciato ricorso in appello, sostenendo che i fatti sarebbero stati «enfatizzati» e che alcuni comportamenti non avrebbero avuto la gravità descritta dall’accusa.
Il caso ha destato forte scalpore ad Arona, città dove negli ultimi mesi non sono mancati episodi di tensione tra datori di lavoro e dipendenti nella ristorazione. Tra questi, quello di un cameriere di piazza Gorizia che aveva protestato in bicicletta per denunciare presunti mancati pagamenti, vicenda ora all’esame del giudice di pace.
Una vicenda che riaccende i riflettori sulle condizioni di lavoro nel settore della ristorazione, dove spesso, dietro le luci della movida, si nascondono abusi, sfruttamento e mancanza di tutele.

						











