Busto Arsizio vicecampione d’Europa è un’impresa da celebrare, non un’occasione gettata. Eppure qualcuno la vede così: per esempio la Gazzetta dello Sport, che praticamente in tempo reale, pochi istanti dopo il match point della finale di Stettino, sul suo sito internet ha titolato “Busto irriconoscibile”. Pazzesco: come se le farfalle fossero le favorite, come se fossero loro la corazzata, come se dovessero vergognarsi della sconfitta.
Irriconoscibile un corno: deve vergognarsi il titolista roseo, incappato nella solita semplificazione di stampo calcistico, per cui se non vinci diventi un cucù, e comunque è vietato riconoscere la superiorità altrui (a meno che si goda di ottima stampa, nel qual caso arriverà sempre un alibi gratis).
Dire che l’Eczacibasi ha battuto la Unendo Yama perché quest’ultima ha giocato male è una mostruosità da incompetenti. Il concetto va rovesciato: l’Eczacibasi è una portaerei e l’Unendo Yama un signor yacht; ognuna ha combattuto con le sue armi; è andata come pronostico recitava. Senza rimpianti: contro avversarie così può non bastare la partita perfetta, e a ben guardare neppure i punteggi parziali (set persi a 20, 22 e 21) dicono di questa presunta irriconoscibilità biancorossa.
La verità è che le farfalle hanno perso a testa alta una partita alla quale nessuno pronosticava sarebbero arrivate, e hanno portato a casa un argento che è tanta roba, per il quale molti altri avrebbero pagato. Ops, lapsus: in effetti, molti altri hanno pagato per issarsi fin lassù, non riuscendoci e rosicando.
La Futura Volley era di gran lunga la società col budget più basso della final four, e probabilmente la meno ricca nel lotto delle sei arrivate all’ultimo round dei playoff di Champions League. Però strada facendo ha fatto ciao con la manina a club che, viceversa, hanno sganciato fior di cucuzze per assicurarsi le giocatrici migliori e dare la caccia al trofeo: per esempio la Dinamo Mosca, che aveva strapazzato le tricolori di Piacenza, con la banda Parisi s’è fatta molto male.La cabala dice che, in tre partecipazioni consecutive alla Champions, Busto ha ottenuto un bronzo (2013) e un argento (2015). È stata l’unica società italiana a mantenersi ad alto livello, in un volley rosa che ha spostato il baricentro economico verso est: fino a pochi anni fa dominavamo noi (sei vittorie di fila tra il 2005 e il 2010: quattro di Bergamo e due di Perugia), poi sono arrivati i paperoni turchi, russi e azeri, perciò le fuoriclasse e le vittorie hanno cambiato indirizzo. Trovarsi gomito a
gomito con i due colossi di Istanbul, guardarne uno quasi alla pari e l’altro dall’alto, nella congiuntura attuale è roba da marziani. Da grande Busto, altro che irriconoscibile.La scuola italiana oggi non può competere con gli stipendi offerti altrove, ma tecnicamente e tatticamente resta di prim’ordine. Non è un caso che sulle panchine di Stettino ci fossero solo coach italiani. E non è un caso che la coppa l’abbia alzata un tizio che della sua carriera – benché ancora in fieri – potrebbe scrivere un libro: dedicando un capitolo a Busto, di cui è la bestia nera. Parentesi: a dimostrazione che lo sport, come la vita, è un gioco di sliding doors, Gianni Caprara due anni fa venne genialmente licenziato a febbraio da Villa Cortese. Fu la sua fortuna: andò a Piacenza, con cui vinse (spesso a spese della Futura) tutto quel che c’era da vincere in Italia, e si rilanciò al punto di ispirare il ricco Eczacibasi, con cui ha riconquistato l’Europa; Villa Cortese, invece, è sparita.
Ora si torna al campionato. Non sappiamo se le rivali della Unendo Yama, in questo weekend polacco, l’abbiano tifata o gufata. Ma tutte dovrebbero aver capito il messaggio: l’Europa ha dimostrato ancora una volta che Busto – piaccia o no: a noi garba assai – rimane la società italiana che lavora meglio, che più fa fruttare i capitali a disposizione, anche se non sono i più pingui. L’abbiamo sempre definita un esempio da copiare: confermiamo.
Nel 2013, dopo il sensazionale bronzo di Istanbul, le farfalle – che avevano dominato la regular season ed erano le uniche favorite per il titolo – incapparono nell’ancor oggi inspiegabile eliminazione precoce per mano di Conegliano. Ora giocheranno giovedì gara1 dei quarti a Piacenza: in un panorama equilibrato hanno la consapevolezza, le doti tecniche e l’esperienza per non ripetere quello sciagurato epilogo. La Unendo Yama, che ha via via limato gli alti e bassi, è da scudetto. Certo, sarà stanca, fisicamente e mentalmente: ma suvvia, questi sono alibi da calciatori.