L’infanzia, a lungo rimasta ai margini della rivoluzione dell’intelligenza artificiale, è ormai prossima a subirne l’impatto più profondo. Entro Natale, la prima ondata di bambole e giocattoli “intelligenti” dovrebbe arrivare sul mercato, pronte a instaurare conversazioni reali con i bambini, ricordare esperienze passate e fornire supporto nei compiti scolastici.
A guidare questa trasformazione è un colosso del giocattolo come Mattel, che ha da poco annunciato una collaborazione strategica con OpenAI, aprendo ufficialmente le porte all’intelligenza artificiale generativa nel mondo dell’infanzia. E mentre i rivenditori americani, come la catena Maziply Toys, celebrano una nuova era ludica – “Immagina tua figlia che dice ‘Ciao Barbie’ e Barbie risponde davvero” – non mancano le voci critiche.
Il monito degli esperti: “Rischiamo di alterare lo sviluppo dei più piccoli”
A lanciare l’allarme è la psicologa dell’infanzia Marianne Brandom, che su Psychology Today mette in guardia dai possibili effetti collaterali: “Finora i bambini piccoli sono stati tra le poche fasce d’età non saturate dall’IA. Ma questa nuova ondata rischia di plasmare i primi anni di vita, proprio quelli più plastici e formativi, con effetti profondi sullo sviluppo cognitivo e sociale”.
Il punto cruciale è lo scambio tra autonomia e comodità. “Come già accade con gli adolescenti – spiega Brandom – stiamo forse per sacrificare la creatività, il pensiero critico e le capacità sociali sull’altare della tecnologia? Gli studi mostrano che l’uso intensivo degli assistenti AI può ridurre l’impegno nella risoluzione autonoma dei problemi, alimentando una fiducia cieca nella macchina”.
Il mercato vola, ma l’equilibrio è essenziale
Le cifre sono impressionanti. Secondo gli analisti, il mercato dei giocattoli basati sull’IA crescerà da 42 miliardi nel 2025 a oltre 224 miliardi nel 2034, con una diffusione capillare in ogni fascia d’età. Ma proprio questa espansione solleva dubbi crescenti. “Sì, alcune abilità migliorano – come quelle spaziali, grazie alla natura immersiva dei giochi digitali – ma il bilancio resta negativo se a farne le spese sono le interazioni reali, il gioco simbolico e l’immaginazione”, sottolinea Brandom.
L’appello ai genitori: “Tecnologia sì, ma con attenzione”
La parola chiave, secondo l’esperta, è equilibrio. “Non si tratta di demonizzare la tecnologia. Ma serve una vigilanza attiva. I genitori dovrebbero incoraggiare un uso alternato tra gioco digitale e tradizionale, promuovendo momenti di creatività spontanea e socialità. Fate domande su cosa fanno i vostri figli con i giocattoli intelligenti, e soprattutto create occasioni di gioco reale con i coetanei”.
La rivoluzione è già iniziata. Il futuro dei giochi – e dell’infanzia – sarà anche “intelligente”. Ma come ammonisce Brandom, “intelligente non deve significare disumanizzato. Crescere resta un’avventura che ha bisogno di fantasia, errori, imprevisti. E non sempre Barbie può rispondere a tutto”.