La Tunisia è un grande Paese. Bellissimo d’una bellezza commovente, capace di offrire d’un solo colpo un mare cristallino, angoli di storia, il fascino del nulla, lo spettacolo inimitabile del deserto. Quello tunisino è un grande popolo. Splendido nelle sue contraddizioni, complicato da comprendere, straordinario nella sua generosità una volta che ne hai accettato le sfumature e gli angoli.La Tunisia è un Paese molto più europeo che nordafricano, un paese che assomiglia più a noi che agli stati arabi. Gli italiani la amano, ricambiati: ci vanno in vacanza, ci fanno affari, ci trasferiscono le loro aziende. La Tunisia è un esempio di come democrazia e tolleranza possano abitare ovunque senza il bisogno di esportarcele a forza di bombe. Un Paese musulmano senza estremismi, un paese in cui c’è stata una rivoluzione che ha creato le basi per un futuro diverso. Per un futuro insieme.Ecco perché i morti di Tunisi sono qualcosa che ci devasta il cuore, qualcosa che ci tocca da vicino e non solo perché quattro di quei poveretti fossero italiani. Ecco perché l’attentato al museo del Bardo è una notizia tragica: come se quella follia fosse avvenuta agli Uffizi o ai musei Vaticani. Quei morti sono roba nostra, ci piaccia o no. Il terrorista ha colpito duro e ha colpito dove sapeva che avrebbe fatto male, riuscendoci. È entrato nelle case di tutti senza bussare, come un ladro infame, rubando la nostra serenità. Il messaggio degli assassini è chiaro, non ammette repliche: “Non sarete più tranquilli, ovunque voi siate”. E il messaggio è arrivato, eccome se è arrivato. Chi scrive ama la Tunisia: la conosce, l’ha vissuta, la rispetta e oggi la
piange. Dopo ore d’apprensione in attesa di una telefonata o di un messaggio su Skype che dicesse “Sto bene, tutto ok” (grazie, Enrico), dopo giornate passate a pensare a quel che sarà adesso. Perché chi scrive, in Tunisia ci va ogni volta che può e ci porta pure la sua famiglia (una moglie, due bambine piccole): viaggiare ascoltando culture diverse è il modo migliore per crescere e diventare uomini e donne del mondo. Anche questa volta, i biglietti per il prossimo viaggio – tra un paio di mesi, una settimana sulle meravigliose coste di Cap Bon a casa di amici – erano già stati fatti. Gli spari di Tunisi hanno messo tutto in discussione: è davvero il caso di andare? È davvero il caso di portare due bambine di 2 e 4 anni in un paese che, l’ha dichiarato il suo presidente, è in guerra? La razionalità direbbe di no, che domande. Queste sono cose che non si fanno, o meglio: che fanno soltanto gli incoscienti. Però, forse è il caso di farsene altre di domande. È il caso di chiedersi se anche noi vogliamo combattere, a modo nostro, questa guerra. Rispondendo con la serenità a chi la serenità cerca di rubarcela, con la normalità a chi cerca di riempirci di paura. Perché c’è tanta voglia di non darla vinta ai maledetti professionisti del terrore.La Tunisia è un Paese meraviglioso, nel museo del Bardo ci sono i mosaici romani più belli del mondo, le dune del deserto sono lo spettacolo tra i più affascinanti che un uomo possa ammirare. Non ce li porterete via, maledetti bastardi: e io non vedo l’ora di tornarci.