«Quello che conta non è vincere, ma diventare persone vincenti». Parole per nulla scontate in tempi in cui la cultura del risultato ad ogni costo impera fin dalla più tenera età. A pronunciarle è stato Stefano Bettinelli, ex allenatore del Varese, condottiero della salvezza ai playout nel 2014 e vice di Beppe Sannino e Rolando Maran.
Bettinelli è stato ospite sabato pomeriggio dell’U.S. Carcor, società calcistica di Rescaldina che proprio quest’anno festeggia i 50 anni dalla fondazione. Carcor è l’acronimo di Centro addestramento ragazzi calcio oratorio Rescaldina: già dal nome, dunque, si capisce quanto questa società consideri prioritari gli aspetti educativi nella formazione del giovane calciatore. Chiamato a parlare dell’importanza del gruppo per la crescita dei bambini, l’ex tecnico del Varese ha accettato di buon grado l’invito, regalando un pomeriggio speciale ai tanti bambini presenti e dispensando preziosi consigli a tutti gli allenatori,
educatori, genitori.
La differenza tra “vincere” e “essere vincenti”, ha spiegato Bettinelli, è sostanziale: «E il nostro obiettivo deve essere quello di formare persone vincenti – le parole del tecnico – Chi insegue solo la vittoria a qualunque costo, vedrà ogni sconfitta come un dramma. La persona vincente, al contrario, è capace di imparare dalle sconfitte. E ripartire da quelle per costruire le prossime vittorie». Esiste per Bettinelli un segnale inequivocabile per capire se un ragazzo abbia intrapreso la strada giusta, quella delle “persone vincenti”: «Se alla fine della partita vi siete divertiti, al di là del risultato, avete raggiunto l’obiettivo». «L’incontro è stato davvero molto bello – sottolinea, soddisfatto, Stefano Ferrè, allenatore e dirigente della Carcor (nonché apprezzato ex addetto stampa del Varese) – anche per il contesto oratoriano, per sua natura semplice e informale.
A Bettinelli piace partecipare a questo tipo di iniziative: si è fermato volentieri con i bambini per un autografo o un selfie, ma soprattutto per rispondere alle loro curiosità. La sua stessa carriera è un ottimo esempio per i giovani. Bettinelli ha raccontato ai ragazzi di quando ha iniziato ad allenare per caso i giovanissimi provinciali del Gazzada Schianno, dove giocava suo figlio».
Per caso? «Sì, l’allenatore aveva dovuto lasciare l’incarico per un problema, e lui prese il suo posto. Da lì, nel giro di 10 anni, ha lavorato in tutte le categorie del settore giovanile, fino alla Primavera e alla prima squadra in Serie B, prima come vice, poi come capo allenatore. Bettinelli è la dimostrazione vivente che attraverso il lavoro, la volontà di raggiungere un obiettivo, e un pizzico di fortuna, si può arrivare anche a calcare i palcoscenici più importanti. E questo è un messaggio particolarmente prezioso per i ragazzi che si avvicinano al mondo del calcio». Non è mancata qualche domanda sul futuro del mister: «E lui non si è sottratto, dicendo che non ha l’ansia di trovare una panchina a tutti i costi – ci dice ancora Ferrè – Gli piacerebbe essere coinvolto in un progetto capace di affascinarlo, e che gli dia la possibilità di lavorare senza mettere tutto in discussione alla prima sconfitta».