– Nessuna istanza di scarcerazione, nessun ricorso a tribunale del riesame:, 49 anni, di Brebbia arrestato esattamente una settimana fa con l’accusa di aver violentato e ucciso il 5 gennaio 1987 resterà in carcere sino allo scadere dei termini di custodia cautelare. E forse sino al processo. Binda l’uomo che ha chiesto al suo legale: «Avvocato almeno lei mi crede? Non sono stato io». I termini per poter presentare ricorso al tribunale del riesame scadranno lunedì, ma, difensore di Binda ha già annunciato che,
salvo eventi particolari dell’ultimo minuto, questo ricorso non ci sarà. Perchè? Il legale si riserva. Potrebbe non voler rischiare di vedere aumentare il numero di giudici che nell’impianto accusatorio che ha portato Binda in carcere potrebbero ravvisare gravi indizi di colpevolezza a suo carico rafforzando così la posizione dell’accusa. Il presunto assassino della bella scout di 20 anni arrestato 29 anni dopo l’omicidio su mandato del sostituto pg di Milano in carcere nel frattempo non ha chiesto di parlare con nessuno.
Ha semplicemente domandato se ai Miogni vi fosse una biblioteca. Perchè ha necessità dei suoi amati libri. Leggere, secondo il suo profilo, è quello che Binda ha sempre fatto nella vita non avendo mai lavorato un giorno in 49 anni. Libri, sigarette ed eroina, anche se l’uomo ha dichiarato di non fare più uso di stupefacenti da sei anni. La droga lo aveva catturato nel 1984. Da quel tunnel non è più uscito se non, a suo dire, in tempi recenti. Lo dimostra il fatto che nel 2009 Binda fu fermato durante un’operazione antidroga della polizia di Gallarate. Si trovava a Gorla Maggiore, in località macchina Bruciata. Ai più il nome non dirà nulla.In realtà quel vecchio rottame, oggi scomparso anche se il nome è rimasto, ha segnato per 15 anni il punto di ritrovo tra clienti e spacciatoti nordafricani che vendevano eroina e cocaina armati di machete nell’area boschiva a cavallo tra le province di Varese e Como. Si tratta di vere e proprie bande, con tanto di bodyguard per evitare di essere rapinati dai tossivi, e vedette al limitare del bosco per segnalare l’arrivo delle forze di polizia. Gli agenti del commissariato gallaratese trovarono Binda proprio lì, dopo che aveva fatto acquisti. Non fu denunciato, ma era già noto quale assuntore abituale di stupefacente. In quel frangente Binda dichiarò di essere un ricercatore scientifico, professione che non risulta mai avere svolto, e identificò attraverso un album fotografico il pusher che gli aveva venduto la droga. L’episodio è importante perchè individua Binda come un consumatore abituale, un tossicodipendente a tutti gli effetti, di eroina. Un consumatore abituale che, dunque, ha fatto uso quotidiano di stupefacente per anni. Con costi da sostenere considerevoli. I pusher non vendono a credito, e non sono teneri nel recuperare i debiti. Non risulta che Binda sia mai stato vittima di aggressioni particolari, quindi pagava. La domanda a questo punto è: come? Binda non ha mai lavorato, ed era incensurato quindi non avvezzo a furtarelli e scippi pratiche in cui i tossicodipendenti non facoltosi sono specializzati per pagarsi le dosi.
Quindi dove trovava i soldi? Chi gli sovvenzionava l’acquisto di droga? La madre vive della sua pensione e la sorella può contare su un normale stipendio da impiegato. Come si procurava Binda il denaro? C’era forse qualche amico che in qualche modo lo finanziava? E se sì, perchè? Un amico ti aiuta a smettere come pare volesse fare Lidia con lui. Non incentiva la tua dipendenza dandoti i soldi per non farti mancare la droga. Oggi Binda dice di non drogarsi più da sei anni. Ma anche questo aspetto del suo passato, in particolare sotto il profilo economico meriterebbe un approfondimento. La madre Maria lo avrebbe difeso con i conoscenti, ma ad oggi nè lei nè la sorella sono andate a trovarlo in carcere. Binda inoltre vede vacillare a distanza di 29 anni anche il suo alibi. Saltano fuori dichiarazioni di 29 anni fa in cui alcuni amici non ricordavano di averlo visto in quella vacanza a Pragelato che è il sua alibi. E qualcuno rammenta: «Era una vacanza di Gs. Binda era già all’università. Era troppo grande per poterci essere». E se non è andato lì come ha giustificato la sua assenza in famiglia?