Bossi poeta e ambientalista: pubblicati i versi di quando l’Umberto non era ancora il Senatur

Su blog e social i testi in dialetto scritti anni '70 e '80 prima di fondare Lega. ll futuro leader del Carroccio si dilettava con componimenti pieni di sentimento, dolore e morte, veri e propri racconti di vita. Il legame profondo con la sua "tera"

GEMONIO – C’è tanto impegno sociale ma anche una insospettabile vena ambientalista. Ci sono la famiglia, l’amore, le donne. Questo e altro si trova nella raccolta di poesie scritte da Umberto Bossi in dialetto lumbard prima di fondare la Lega e scendere nell’agone politico. Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 il futuro leader del Carroccio si dilettava a scrivere componimenti pieni di sentimento, dolore e morte, veri e propri racconti di vita. Ricordi rimasti nel cassetto e ora pubblicati per la prima volta sui social, con la traduzione a fronte in italiano.

Umberto bossi da giovane 1 - Dago fotogallery

Non c’è da sorprendersi più di tanto, visto che la vena artistica bossiana era emersa negli anni ’60 quando era stato cantautore con il nome d’arte di Donato (nella foto). La maggior parte dei testi risale al ‘periodo autonomista’ di Umberto: nel ’79 si avvicinò ai movimenti autonomisti, dando vita al primo soggetto politico autonomista lombardo, l’Unione Nord Occidentale Lombarda per l’Autonomia. Nato a Cassano Magnago, in provincia di Varese, Bossi non ha mai dimenticato le sue origini (primo figlio dell’operaio tessile Ambrogio Bossi e della portinaia Ida Valentina Mauri) ed è sempre stato molto legato alla sua terra di contadini. In ‘Tera’ (Terra), infatti, parla della distruzione della natura, che era l’essenza del mondo agricolo e del degrado della società moderna: ‘Verde una volta e piena di parole, Terra, che hai ascoltato squittire la talpa e bestemmiare le rose. Ho visto le sirene degli stabilimenti diventare siringhe…’.

In ‘Ul Lach Mort’ (Il Lago morto) sorprende il Bossi ambientalista: ‘Hanno ucciso il lago, la nostra acqua…’. Nello ‘Sciopero in dul Baset’ (Sciopero alla Bassetti) l’ex ministro delle Riforme ricorda la nonna Celeste, socialista e sindacalista, che, scoperta dai fascisti, è stata torturata fino a fratturarle entrambe le ginocchia: ”Han preso anche la Celeste, ed è già arrivato Angiolino…”. Sempre protagoniste sono le donne nei versi di ‘Na Mameta’ (Una nonnetta) e di ‘Sciura Maria’: in quest’ultima rivive la figura della signora Maria, consumata da un tumore al seno (evidente ricordo del Bossi giovane studente di medicina che faceva pratica in ospedale).