VARESE Braccio di ferro sulle aperture domenicali. La piccola distribuzione vorrebbe una retromarcia sul decreto liberalizzazioni, ma la grande distribuzione mette sul piatto 2.500 contratti a tempo determinato che sarebbero cancellati per santificare le feste. Sono 1.500 le firme raccolte solo in provincia di Varese a sostegno dell’iniziativa Libera la Domenica, promossa da Confesercenti e dalla Cei. Più di mille adesioni a favore della proposta di una legge di iniziativa popolare, per cambiare la normativa sulle liberalizzazioni e riportare nell’ambito delle competenze delle Regioni le decisioni sulle aperture domenicali degli esercizi commerciali. «Abbiamo registrato adesioni da parte dei sindacati, dal mondo dell’associazionismo, dalle istituzioni e anche dai cittadini – spiega Gianni Lucchina, direttore Confesercenti Varese – E di recente anche i panificatori si sono uniti alla nostra causa». Quella cioè di far tornare la domenica un giorno di riposo, in cui stare con la famiglia e santificare le feste. «Oltre al fatto che i commercianti – aggiunge Lucchina – non hanno beneficiato delle aperture domenicali. I fatturati non sono cresciuti, anzi la crisi si fa sempre più sentire». Non secondo lo studio commissionato da Federdistribuzione, che dimostra al contrario quanto le aperture festive abbiano dato risultati positivi alla grande distribuzione in un
contesto generale di calo delle vendite, «non hanno certo ribaltato una tendenza – spiega Giovanni Cobolli Gigli, presidete Federdistribuzione, l’organismo di coordinamento e di rappresentanza della grande distribuzione – ma abbiamo registrato che chi fa acquisti la domenica spende di più di quanto non avrebbe fatto durante la settimana e lo fa in tranquillità». Sono generalmente gli acquisti importanti, quelli che si compiono in famiglia ad avere registrato un andamento positivo. Oltre naturalmente all’occupazione. «Le liberalizzazioni hanno dato la possibilità ai lavoratori di guadagnare di più – aggiunge – e alla grande distribuzione, che conta già 450 mila dipendenti, di assumerne altri 2.500 a tempo determinato part-time. Per lo più studenti che guadagnano 400 euro al mese, lavorando quattro giorni al mese. E che, se la retromarcia sulle liberalizzazioni andasse in porto, rischierebbero di perdere il lavoro». «Le liberalizzazioni vanno tutte a vantaggio dei consumatori – conclude – e degli stessi imprenditori commerciali che possono decidere in autonomia orari e aperture delle loro attività». V. Fum. s.bartolini
© riproduzione riservata