Ci sono persone che nascono destinate a lasciare un segno. Un segno indelebile, tangibile, e a tratti commovente. Un segno che solca il cielo, come lo solcherebbe una stella cometa, a cui dedicare sogni, desideri, pensieri. Veloce, forse troppo. Veloce, e anche per questo ancora più speciale. Il Sic era così: veloce su quelle due ruote, veloce lontano da quelle due ruote.Marco Simoncelli è stato un campione indiscusso delle moto, e su questo non ci piove. Ma lo è stato molto, ma molto di più fuori. Bastava vederlo, sentirlo, durante le sue interviste che ci si innamorava all’istante. Una fiammata che colpiva a prima vista, che colpiva al cuore. Con quella battuta sempre pronta, che ti incollava al divano e ti piegava in due dalle risate. Irriverente. Il limite che amava sfidare in pista, lo amava sfidare pure fuori, davanti al microfono.Con quei capelli spettinati, che racchiudevano la sua forza vera. Che come un moderno Sansone se si avesse persi avrebbe perso proprio la sua forza.Oggi il Sic avrebbe compiuto 29 anni.
Ma non vi parleremo di quel maledetto, maledettissimo 23 ottobre del 2011 a Sepang. No. Quel giorno ce lo ricordiamo tutti, e non vorremmo. Noi abbiamo amato il Sic in tutti gli altri giorni e per questo oggi lo vogliamo salutare, con questa sua battuta fatta durante un intervista televisiva, fatta con la sua spensieratezza, i suoi valori, la sua radiosa semplicità, il suo sorriso, il suo accento romagnolo verace: «Un giorno sono entrato in un locale e uno mi ha detto che assomigliavo a Simoncelli… La mia risposta è stata: “me lo dicono tutti”. E quello ha aggiunto: hai anche la stessa voce!». Questo era il Sic, da quando a 8 anni si è seduto per la prima volta su una sella. Questo era il Sic, quello che quando correva in moto e gli altri lo chiamavano Strike perché stendeva tutti gli avversari: «Si vive di più andando cinque minuti al massimo su una moto come questa, di quanto non faccia certa gente in una vita intera». Ciao Sic, 58 per sempre.
