Busto, altra aggressione di un detenuto straniero: feriti agenti di Polizia penitenziaria in Tribunale

Si allunga la serie di episodi violenti in ambito carcerario. Questa volta protagonista un tunisino mentre veniva portato in udienza. Minacciato e insultato anche il magistrato

Un altro episodio, l’ennesimo, ancora a Busto Arsizio. Dopo quanto accaduto pochi giorni fa nel carcere cittadino, ci risiamo. I protagonisti sono sempre gli stessi: detenuti (stranieri) che aggrediscono agenti della Polizia penitenziaria.

Il fatto è di questa mattina, martedì 21 giugno, ed è avvenuto nei sotterranei del Tribunale di Busto. Gli agenti stavano accompagnando dal giudice un cittadino di nazionalità tunisina quando improvvisamente sono stati aggrediti dall’uomo con diversi colpi.
La dinamica precisa è ancora da chiarire, ma da quanto appreso, il nordafricano, tradotto dal carcere genovese di Marassi, dove era detenuto, era stato condotto nell’aula del Tribunale per un’udienza dinanzi al giudice monocratico Nicoletta Guerrero. In questa fase il tunisino, senza una ragione apparente tranne il suo evidente stato di agitazione, si è scagliato contro gli agenti procurando loro ferite, pare fortunatamente lievi. Lo stesso magistrato è stato poi minacciato e insultato dall’uomo.

L’episodio dei giorni scorsi e la rabbia del Sappe

Un detenuto straniero ha dato fuoco alla cella e poi ha aggredito un agente con un punteruolo. Il poliziotto, indietreggiando per difendersi, è caduto rovinosamente fratturandosi una mano (30 giorni di prognosi). Solo l’intervento tempestivo dei suoi colleghi ha evitato conseguenze peggiori.

Sul fatto Alfonso Greco, segretario regionale per la Lombardia del Sappe aveva dichiarato: “La situazione è grave: non si placano le aggressioni, il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dalla situazione e il Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, retto dal dirigente carcerario Pietro Buffa, si contraddistingue per l’assenza di provvedimenti a tutela della incolumità fisica dei nostri poliziotti. E’ ora di dire basta!”. 

Situazione allarmante: urgono provvedimenti

Donato Capece, segretario generale del Sappe, esprime vicinanza e solidarietà al poliziotto ferito ed ha parole di apprezzamento per il personale che lavora a Busto Arsizio: “Le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che svolgono quotidianamente il servizio a Busto Arsizio lo fanno con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato per l’esasperante sovraffollamento. Ma servono urgenti provvedimenti per frenare una situazione operativa che è semplicemente allarmante”. Capece sottolinea anche il fallimento delle espulsioni di detenuti stranieri: sono state solamente 456 nel 2021.

Detenuti stranieri e mancate espulsioni: una bomba nelle carceri

“Da tempo il SAPPE denuncia la correlazione tra aumento degli eventi critici nelle carceri e presenza di detenuti stranieri, come è il protagonista del grave evento critico accaduto a Busto Arsizio. E’ sintomatico che negli ultimi vent’anni ci sia stata un’impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni ’90 sono passati oggi ad essere quasi 17.000 rispetto alle circa 55mila presenze. Fare scontare agli immigrati condannati da un tribunale italiano con una sentenza irrevocabile la pena nelle carceri dei Paesi d’origine,

come da tempo denuncia il SAPPE, può anche essere un forte deterrente nei confronti degli stranieri che delinquono in Italia. Il dato oggettivo è però un altro: le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute, oserei dire impercettibili. Nel 2021 i detenuti stranieri espulsi a titolo di sanzione alternativa alla detenzione sono stati solamente 456 (165 albanesi, 48 marocchini, 45 tunisini e 198 di altri Paesi). Questo, oltre a decretare il fallimento degli Accordi bilaterali tra l’Italia ed i Paesi con la più alta presenza di connazionali tra i detenuti ristretti in Italia (Marocco, Romania, Nigeria, Albania, Tunisia), sembra dimostrare che questi Paesi non vogliono il rientro in patria di migliaia e migliaia di loro connazionali con gravi precedenti penali e con pene che potrebbero essere scontate in carceri del Paese di provenienza”.