Occhi lucidi, tanti abbracci e un arrivederci all’anno prossimo.
Sono ripartiti questa mattina per l’Ucraina i 52 bambini di Chernobyl che nelle ultime cinque settimane sono stati ospiti delle famiglie di Busto Arsizio (e comuni limitrofi) per un soggiorno terapeutico organizzato dall’Aubam del presidente Antonio Tosi.
Un’esperienza che si ripete ormai da diversi anni, con reciproci benefici. Per i bambini, che rafforzano le proprie difese immunitarie respirando aria più pulita e mangiando cibi più sani rispetto a quelli del paese d’origine (colpito nel 1986 da un terribile disastro nucleare); e per i genitori, umanamente arricchiti dalla vicinanza e dall’affetto di questi ragazzi.
Al di là dei pur importanti risvolti terapeutici, è infatti sul piano umano che il soggiorno procura gli effetti più positivi.
«Ospitiamo Elizabeta da cinque anni, ormai fa parte della nostra famiglia – dice Giovanni Rossati, entusiasta per l’iniziativa – Quest’anno l’abbiamo portata in Puglia, le abbiamo fatto vedere i trulli. Si è molto divertita. E adesso parla anche bene l’italiano».
<Ho iniziato a partecipare a quest’iniziativa per favorire uno scambio di culture tra i miei figli e Maksim, il ragazzo nostro ospite – spiega Anna Mulattieri – Sono molto felice aver aderito: è un’esperienza che consiglio a tutti, molto gratificante sul piano umano>. Grazie all’interessamento della famiglia ospitante, Maksim ha anche potuto curare all’ospedale di Niguarda un problema all’occhio dovuto proprio alle radiazioni.
La coppia bustocca formata da Elisabetta e Andrea ripeterà senz’altro l’esperienza: «Consideriamo il bambino ucraino come il nostro “nipote” – sorride Elisabetta – Lui si è divertito un mondo andando all’oratorio, una realtà che nel suo Paese non esiste. So già che quando lo saluterò mi scenderà la lacrimuccia…».
In effetti era palpabile l’emozione quando il pullman con i ragazzini di Chernobyl è partito dal Museo del Tessile in direzione Malpensa (da dove è decollato l’aereo per Kiev). Ma a mitigare il dispiacere c’è la consapevolezza che quel saluto commosso non è certo un addio, ma un arrivederci alla prossima estate.
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