Transitando per piazza Vittorio Emanuele, ho visto le ruspe abbattere una delle case. Il film della memoria ha incominciato a riavvolgersi. La Piazza “del Conte” – così si chiamava da secoli questa piazza – era per noi, abitanti della prima “periferia” di Busto (via Mentana) un punto di passaggio quasi obbligato per andare in parrocchia o per recarsi alle scuole Carducci. Non era particolarmente attraente: il nobile Palazzo Cicogna, allora sede del Tribunale e della Corte d’Assise, faceva da sfondo; un modesto giardinetto con una pianta striminzita al centro della piazza. Dall’altra parte case discrete con studi di avvocati. Sull’angolo con via Marliani esisteva un’edicola. I giornali venivano esposti su una piccola cancellata e per me, all’uscita di scuola, diventava momento di appagamento di curiosità. Sull’angolo opposto vi era però una casa che aveva un suo stile (quella che proprio ora stanno abbattendo) con un bel giardino.Abitava li un noto bustese, Ettore Rossi. Industriale e grande benefattore.Uno dei suoi figli, Giuseppe, era un mio compagno di classe: e con lui dividevo, a casa sua, i giochi durante il giorno di vacanza del giovedì. Giochi che si vedevano solo nelle case dei benestanti. Trenini elettrici. Noi, al massimo, avevamo trenini di legno o di latta. In quella casa ho scoperto due sentimenti, generosità e dolore. Giuseppe morì a otto anni, per un malore che oggi farebbe sorridere, una appendicite. Non dimenticherò mai il primo impatto con la “morte”. Poi venne la guerra, scomparve l’albero striminzito e si costruì un rifugio antiaereo. Forse non entrò mai nessuno per quello scopo. La fine
della guerra, la Liberazione, i primi consigli comunali democratici, il problema della ricostruzione del Monumento ai Caduti essendo stato, il precedente, “donato alla Patria”. La democrazia richiedeva di fare partecipare la gente per scegliere il sito. Il giornale locale pubblicava in continuazione lettere di cittadini. Alla fine si decise di indire un “referendum”. Lo stesso giornale comunicava che il 9, il 10 e l’11 novembre del 1946 si sarebbero consultati gli elettori. Tagliando 10 per piazza Santa Maria – tagliando 11 per piazza Garibaldi. Il monumento però si fece in piazza Vittorio Emanuele a seguito di una riunione tra Associazioni e Comune il 23 ottobre 1954. Probabilmente il destino dei referendum a Busto non è dei migliori.Con il trasferimento del Tribunale, a metà degli anni sessanta, tutto incomincia a svuotarsi ed a degradare. Passeranno anni prima di intravedere qualche progetto. Il più significativo, quello ipotizzato da Flavio Sottrici. Tra albergo ed uffici un auditorium per musica classica! E su questo progetto il Comune cedette le aree diventate strategiche. Ma come si sa la memoria delle pubbliche amministrazioni è abbastanza labile. Ora tutto materialmente, scomparirà per lasciare posto, si spera ad un più decoroso “centro”: Resteranno i ricordi un po’ sbiaditi, ma sempre vivi. Dovrebbe rimanere la solidarietà verso chi si è sobbarcato questo non leggero compito reso ancor più difficoltoso da coloro che hanno caricato l’impresa di “oneri “terribili ed, a mio avviso inutili.Gianpiero RossiIl sindaco emerito ha accolto il nostro invito a scrivere una storia su piazza Vittorio Emanuele e sul monumento. Scrivete anche voi a letterevarese@laprovincia.it
m.lualdi
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