C’è l’ombra del racket sugli hotel dei clandestini

VARESE Sono più o meno venti i capannoni industriali dismessi nella nostra città, a cui si aggiungono una trentina di edifici tra case, palazzi, e abitazioni abbandonate. E poi ci sono i rifugi di fortuna, i vagoni dei treni, i sottopassaggi, i tunnel e i cunicoli più impensabili. Più di cinquanta «rifugi» per clandestini e senza tetto disseminati un po’ ovunque, ma in particolare nella zona delle stazioni e viale Valganna. Tante realtà diverse, «difficile pensare che siano gestite da un unico racket» commenta Walter Piazza, responsabile degli Angeli Urbani. L’«albergo dei clandestini» di via Maspero, la struttura in cui si è consumato l’omicidio, aveva delle caratteristiche sicuramente diverse dagli altri. «Lì si erano insediate almeno cinque persone che avevano fatto di quell’edificio il proprio quartier generale. C’erano persino due “stanze-suite” con una sola branda, forse giacigli privilegiati di chi gestiva l’immobile». Forse per la posizione privilegiata, a due passi dal centro e dalle stazioni, il costo di una notte poteva arrivare anche a 28 euro. «Ma su questo non abbiamo certezza, altrimenti avremmo denunciato subito alle autorità competenti il racket» afferma Piazza. «Una ragazza che ha alloggiato in quella casa ci ha detto che aveva dovuto lasciare al gestore della struttura il proprio cellulare e anche dei soldi in cambio dell’ospitalità, ma non siamo mai riusciti a verificare l’attendibilità di quella testimonianza». A dare informazioni sul racket degli immobili abbandonati c’è anche un volontario degli Angeli Urbani che conosce direttamente la realtà

dei senza tetto. «Alcuni stranieri, non sappiamo se clandestini o meno, si sono impossessati dei capannoni e pensiamo che chi vi vuole soggiornare deve lasciare qualcosa: può trattarsi di soldi, di birre o di altro. Probabilmente in questi posti si programmano in tutta calma strategie criminose».  Ogni area «occupata» ha delle leggi a sé, come un piccolo centro autonomo. Nello stabile di via Maspero sembrava esserci la regola che i marocchini dovevano stare al secondo piano, gli algerini al primo. Chissà cosa succede in Belforte, tra i capannoni che si trovano attorno all’ex Macello Civico, tra la via Bainsizza e via Tonale, o nelle tante case dismesse che costeggiano il viale? «Noi continueremo a fare sopralluoghi, ma senza sottovalutare la solidarietà» conclude Piazza. «Tanti stranieri si rivolgono a noi per aiutarli a trovare un alloggio e noi non abbiamo soluzioni» dice Jacques Amani dell’ufficio politiche migratorie della Cgil. «Ci risulta che ci siano persone che dormono in posti di fortuna, ma non che ci sia qualcuno che metta in vendita posti letto in edifici abbandonati. La crisi ha inasprito la situazione. Basta pensare che una famiglia di marocchini è stata sfrattata e si è trovata a dormire in macchina con anche i bambini». In condizioni precarie ci sono clandestini, «ma anche i regolari che vivono in 10 in un appartamento per quattro. Spesso sono i proprietari della case ad essere disonesti: affittano agli stranieri case fatiscenti, lucrando sui bisogni della gente».Adriana Morlacchi

s.bartolini

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