Calcio, il Varese vince 2-1 a Modena Soli in testa alla B dopo trent’anni

MODENA Dopo the mentalist, ecco the specialist. È Moussa Kone, l’uomo del 94° minuto. Quello che arriva un attimo prima che il mondo finisca, anche se per gli altri 93 era già apparso come il salvatore. Un Kurtic un po’ più Kurtic, per i gol che ha nel sangue e la sfrontatezza sotto porta, per la visione del gioco e il tempismo nell’intervento, per la continuità con cui martella e cuce. Come amore a prima vista: incontra il Varese, e gli ruba il cuore. Due partite, due gol, un rigore, sei punti. Nel calcio questo conta.

Non ci spostiamo di un millimetro, siamo sempre qui. Primi in serie B, non accadeva dal 28 marzo 1982. Partenza migliore solo nel ’66, vinte le prime cinque, andati in A in carrozza con Arcari e Anastasi. Nemmeno il Varese di Fascetti partì così nell’81, pareggiò la terza dopo due vittorie. Lo dice la storia, non noi. I paragoni, qui, non pesano e ci fanno soltanto godere, altrimenti il Varese di Sannino avrebbe schiacciato quello di Maran e quello di Maran avrebbe schiacciato questo di Castori.

E invece siamo sempre qui: uguali nell’osso e nella corteccia vincente e indistruttibile, ma diversi, un po’ più sgamati e maturi dopo ogni cocente delusione, come se l’ultima sofferenza fosse solo un passo verso il capolavoro successivo. Diversi nell’incartare l’avversario: Castori nel primo tempo ha disattivato il tridente

modenese, poi coi cambi ha girato la partita. Uguali nel castigarlo con due colpi accecanti passati dai piedi dei profeti Neto e Zecchin, iniziati da quelli di Nadarevic (è la notizia più bella), anche loro uguali ma diversi, come noi. Diversi nella spietatezza, come crescita estrema della bellezza.

E vogliamo parlare di Castori? Il Modena era solo attacco, l’ha tenuto al largo dal bersaglio con un primo tempo spugna (ogni giocatore del Varese assorbe quello avversario), perfino col casino e le gomitate di Eusepi, ma contava solo buttare sabbia nei loro meccanismi e scardinare la loro convinzione di superiorità. Un muro che nascondeva il martello. Di Ebagua, di Kone, di Carrozzieri. Castori non è Sannino, e nemmeno Maran, ma ha una dote che ci piace: si fa odiare dalla gente, ed è un segnale di paura da parte di chi lo odia. Ma di ammirazione per chi lo ammira. Per uno così, ti butti nel fuoco. «È tutto un fallo, come la sua storia», gli urlano dalla tribuna. No, modenesi: è tutto d’un pezzo, come la sua vita.

Non faremo i moralisti e non getteremo la croce sui ragazzi della curva perché, in otto anni di Varese, abbiamo imparato a dare una carezza nei momenti difficili, come oggi quando tutti li massacreranno, usando il bastone in quelli normali. Diciamo solo una cosa: vederli girati al primo gol del Varese, mentre Ebagua batteva il rigore, ci ha fatto stare male e, come noi, chissà quanti. Stiamo male perché su quel dischetto, a scaraventare il pallone nella porta, non c’era il numero 21 ma soltanto una maglia biancorossa. È il Varese che fa gol, non Ebagua: ragazzi, non si può stare male per quella che è la vostra ragione di vita.

Andrea Confalonieri<+capol_4r_col>D<+tondo_bi>opo the mentalist, ecco the specialist. È Moussa Kone, l’uomo del 94° minuto. Quello che arriva un attimo prima che il mondo finisca, anche se per gli altri 93 era già apparso come il salvatore. Un Kurtic un po’ più Kurtic, per i gol che ha nel sangue e la sfrontatezza sotto porta, per la visione del gioco e il tempismo nell’intervento, per la continuità con cui martella e cuce. Come amore a prima vista: incontra il Varese, e gli ruba il cuore. Due partite, due gol, un rigore, sei punti. Nel calcio questo conta.
Non ci spostiamo di un millimetro, siamo sempre qui. Dalla redazione chiama Stefano Affolti, e in cinque righe raduna tutto: «Primi in serie B, non accadeva dal 28 marzo 1982. Partenza migliore solo nel ’66, vinte le prime cinque, andati in A in carrozza con Arcari e Anastasi. Nemmeno il Varese di Fascetti partì così nell’81, pareggiò la terza dopo due vittorie». Lo dice la storia, non noi. I paragoni, qui, non pesano e ci fanno soltanto godere, altrimenti il Varese di Sannino avrebbe schiacciato quello di Maran e quello di Maran avrebbe schiacciato questo di Castori.
E invece siamo sempre qui: uguali nell’osso e nella corteccia vincente e indistruttibile, ma diversi, un po’ più sgamati e maturi dopo ogni cocente delusione, come se l’ultima sofferenza fosse solo un passo verso il capolavoro successivo. Diversi nell’incartare l’avversario: Castori nel primo tempo ha disattivato il tridente modenese, poi coi cambi ha girato la partita. Uguali nel castigarlo con due colpi accecanti passati dai piedi dei profeti Neto e Zecchin, iniziati da quelli di Nadarevic (è la notizia più bella), anche loro uguali ma diversi, come noi. Diversi nella spietatezza, come crescita estrema della bellezza.
E vogliamo parlare di Castori? Il Modena era solo attacco, l’ha tenuto al largo dal bersaglio con un primo tempo spugna (ogni giocatore del Varese assorbe quello avversario), perfino col casino e le gomitate di Eusepi, ma contava solo buttare sabbia nei loro meccanismi e scardinare la loro convinzione di superiorità. Un muro che nascondeva il martello. Di Ebagua, di Kone, di Carrozzieri. Castori non è Sannino, e nemmeno Maran, ma ha una dote che ci piace: si fa odiare dalla gente, ed è un segnale di paura da parte di chi lo odia. Ma di ammirazione per chi lo ammira. Per uno così, ti butti nel fuoco. «È tutto un fallo, come la sua storia», gli urlano dalla tribuna. No, modenesi: è tutto d’un pezzo, come la sua vita.
Non faremo i moralisti e non getteremo la croce sui ragazzi della curva perché, in otto anni di Varese, abbiamo imparato a dare una carezza nei momenti difficili, come oggi quando tutti li massacreranno, usando il bastone in quelli normali. Diciamo solo una cosa: vederli girati al primo gol del Varese, mentre Ebagua batteva il rigore, ci ha fatto stare male e, come noi, chissà quanti. Stiamo male perché su quel dischetto, a scaraventare il pallone nella porta, non c’era il numero 21 ma soltanto una maglia biancorossa. È il Varese che fa gol, non Ebagua: ragazzi, non si può stare male per quella che è la vostra ragione di vita.

Andrea Confalonieri

s.affolti

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