VARESE Ha scelto un modo eclatante di contestare la sentenza scommesse, Emanuele Pesoli. Per un giocatore di 32 anni, i tre di squalifica inflitti in primo grado significano la fine della carriera, né più né meno: ieri mattina l’ex difensore di Cittadella, Varese e Siena, attualmente tesserato per il Verona, ha iniziato lo sciopero della fame e si è incatenato ai cancelli della sede Figc di via Allegri, a Roma, chiedendo di incontrare i vertici federali. Il presidente Abete è in ferie, il dirigente Valentini gli ha mandato a dire che «la giustizia non è competenza diretta della Figc».
Pesoli, quanto durerà la protesta?
Già tornando a casa dopo l’interrogatorio in procura giurai che, se anche avessi avuto un solo giorno di squalifica, avrei fatto lo sciopero della fame. La sentenza è stata uno choc. Continuerò a oltranza, finché non avrò quello che chiedo: un confronto a tu per tu con chi mi accusa, Gervasoni e Carobbio.
Perché?
Non accetto questa pena pesante per qualcosa che non ho commesso. C’è di mezzo una carriera, ho una dignità, moglie e figli: ci metto la faccia per uscirne pulito.
Ma quando ha parlato con Palazzi…
Lui ha creduto ai pentiti, e non entro nel merito del suo lavoro. Però io queste persone non le ho mai incrociate, è mancato totalmente il contraddittorio. Gli uomini della procura avevano in mano i loro verbali e basta: contro di me ci sono solo pezzi di carta, chiacchiere, insomma aria fritta. Mai avuta la possibilità di confutare veramente quella versione a quattr’occhi: spero, anzi, esigo che accada presto.
Lei, a differenza di molti altri, non ha neanche provato a patteggiare.
Non contratto una condanna per una cosa che non esiste. Andrò fino in fondo, al Tnas se necessario: voglio dimostrare in aula che sono innocente. Cerco il proscioglimento totale, senza ombre. Lo dico anche ai tifosi del Varese: io non ho fatto niente.
Però le telefonate sono innegabili.
Certo che mi sono sentito con Gervasoni. Si trattava di normali dialoghi tra colleghi, come ne avvengono mille durante una stagione. Niente di losco o, peggio, di illegale. Non abbiamo mai parlato di partite da aggiustare: nessun tentativo di illecito.
Ora che farà?
Continuerò ad allenarmi col Verona in attesa dell’appello, che dovrebbe essere il 20 agosto. Se devo smettere di giocare, voglio essere io a decidere come e quando: non per forza, e col marchio del baro.
Stefano Affolti
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