Firenze, 10 giu. (Apcom) – Otto arresti, diciotto denunce, beni per oltre dodici milioni di euro sequestrati, per stroncare un giro d’affari in Toscana impossibile da quantificare, a beneficio della Camorra. Questo il risultato finale dell’operazione condotta stamattina da cento uomini della Polizia di Stato, di cui oltre trenta della Squadra Mobile di Firenze, con i colleghi di Firenze, Prato,
Lucca, Perugia, Napoli, Milano, Genova e Terni, gli uomini della Guardia di Finanza di Prato e Lucca, coordinati dal magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze Pietro Suchan. Associazione a delinquere di stampo mafioso il reato contestato a tutti: fra gli altri reati, anche l’esercizio abusivo di giochi, scommesse e di attività finanziarie, gioco d’azzardo, sfruttamento della prostituzione ed estorsioni.
Artefici dell’opera criminosa, gli uomini del clan camorristico Terracciano: “Giacomo, il capostipite, arriva in Toscana negli anni ’80 – spiega oggi Fabio Pocek, responsabile della sezione Criminalità Organizzata della Mobile fiorentina – era stato condannato da affiliato alla Nuova Camorra Organizzata, e col tempo ha ricostruito una cosca qui”. Il nome di Terracciano era da tempo nelle cronache giudiziarie toscane: già nel mirino della Dia che indagava su corse di cavalli truccate, era stato poi arrestato insieme al fratello Carlo (ed entrambi poi scarcerati) per presunte estorsioni in Versilia e in provincia di Pisa sfociate in incendi di stabilimenti balneari. Proprio da un incendio parte l’indagine fiorentina, “dall’incendio di due locali notturni specializzati in lap dance, nel 2004 – precisa Pocek – che facevano concorrenza a quelli che avevano acquisito gli uomini del clan. Volevano stroncare la concorrenza. Noi arrestiamo gli autori del primo fatto, e cominciamo a ricostruire la struttura dell’associazione”.
Avvalendosi di metodi intimidatori, ricorrendo anche alla violenza, il clan Terracciano era riuscito ad infiltrarsi nel mondo dei locali notturni della Toscana, da Firenze a Prato, da Pistoia a Lucca. I primi contatti con gli imprenditori sotto forma di offerta di partecipazioni societarie o di prestiti economici, spiega oggi la Questura fiorentina, sfociavano poi in fenomeni estorsivi che consentivano l’acquisizione del controllo delle singole attività. I locali, una volta gestiti dal clan anche tramite prestanome, venivano poi utilizzati per ulteriori attività illecite, tra cui lo sfruttamento della prostituzione ed il gioco d’azzardo.
Intenti guadagni illeciti venivano anche dall’usura, praticata prima nel mondo delle scommesse clandestine e poi nel mondo delle imprese, degli esercizi commerciali: chi accettava i finanziamenti dagli esponenti del clan, restava poi schiacciato economicamente dai tassi usurai applicati, dal 25% fino a ben oltre il 300%. Oggi l’epilogo della vicenda criminosa, con le misure disposte al Gip fiorentino David Monti: tra i beni sequestrati figurano appartamenti, una clinica dell’hinterland napoletano, trentasei conti correnti ed attività imprenditoriali. Sequestrate anche numerose autovetture di lusso per un valore complessivo di oltre cinquecentomila euro.
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