Canziani, un addio pieno di lacrime

È iniziato ieri mattina il trasloco delle classi della scuola elementare verso la sua nuova struttura

– È iniziato ieri, in una mattina offuscata da nubi passeggere, sotto un cielo che pareva volesse trattenere in ogni maniera possibile le lacrime, il trasloco della Canziani.

La scuola dichiarata inagibile il 4 luglio scorso da una perizia statica negativa era lì, aperta, con il pino silvestre di Salvatore Furia a perenne guardia, a subire impotente il via vai di operai – parte del Comune, parte di una ditta esterna – chiamati a trasportare alla Don Bosco tutti gli arredi, iniziando da quelli dell’aula di informatica: senza una goccia d’acqua penetrata dal tetto nonostante l’acqua piovuta a secchiate, senza una finestra nemmeno minimamente scheggiata nonostante la tromba d’aria di due venerdì fa.

«La sera della tempesta eravamo in allarme, e non facevamo altro che mandarci messaggi per rincuorarci a vicenda» racconta Serena Raia, presidente dell’associazione genitori “Mia Canziani”, tornata dalle ferie apposta per seguire l’agonia della scuola del cuore, o meglio dello stabile che fino ad oggi, dal 1965, quando vi fu trasferita la scuola speciale da via Walder, la ospitava.

«La perizia non lasciava molto spazio all’immaginazione: ci aspettavamo che il tornado avrebbe creato seri danni. E invece la mattina dopo la maestra Loredana, accorsa a fare il primo sopralluogo, ci rassicurava: era ancora in piedi, non era successo proprio nulla, così come con la grandinata di qualche giorno prima, dove erano piovuti chicchi grossi come uova e avevano rovinato tutte le macchine». Anche Antonella, la collaboratrice, come del resto tutte le insegnanti che collaboreranno in questi giorni al trasloco,

è rientrata dalle ferie in anticipo per la sua scuola: avrebbero, tutte loro, dovuto prendere servizio il primo di settembre. Sedute momentaneamente davanti alla biblioteca dedicata tre anni or sono a Fabio Iacovino, il bimbo che chiese alla preside di lasciar sempre aperto il cancello fra la sua materna e la nuova scuola, e che poi prese il volo verso il liceo Cairoli – un volo, purtroppo, breve ma intenso, come testimoniato dal melograno che lo ricorda davanti alla palestra di via XXV aprile – Serena e Antonella danno disposizioni agli operai: prima gli arredi, poi i computer in un secondo viaggio sul furgoncino, e non si sa nemmeno se ci staranno tutti, nella nuova aula informatica da condividere con i cugini della “Busca”.

«Siamo in lutto, tristi, deluse» è il commento all’unisono, alla domanda, forse sciocca ma inevitabile, su come ci si senta in un’occasione del genere. Qualche sedia lascerà le aule dipinte di cielo e verrà mandata alla nuova scuola, molte altre prenderanno la via dei magazzini comunali, come tante altre cose. I tavoloni dell’aula di scienze verranno donati alla Pellico, che pensionerà i suoi, vecchi e desueti; alcune veneziane in buono stato seguiranno i bambini nelle nuove classi: in tutto 129, che andranno il 12 settembre a ricongiungersi ai cugini della traversa di viale Aguggiari, riempiendo letteralmente una scuola a cui l’anno scorso erano mancati i numeri per formare la prima; ma, come in un gioco ad incastro forse non proprio casuale, chissà, due saranno le seconde quest’anno in arrivo dalla scuola chiusa del Bellotti, a pareggiare non troppo sorprendentemente i conti. I computer sono accatastati in corridoio in attesa di essere portati via, le sedie sui banchi, vario materiale radunato nell’atrio, il gagliardetto verde dei genitori già staccato dalla porta d’ingresso: una scena che prende il cuore.

Arriva la maestra Loredana, trafelata, dalla Don Bosco: fa la spola per dirigere i lavori.

«Ero arrivata alla Canziani nel ’90: le classi erano piccoline, di 12, massimo 15 alunni, anche se avevamo sempre avuto i numeri per formarle tutte dalla prima alla quinta. Era una scuola in forte contrazione, specchio dei tempi: in più gli insegnanti anziani stavano andando in pensione e pian piano arrivavamo noi, la nuova guardia, quella che rimarrà ancora per una decina di anni. Al piano superiore ospitavamo allora un distaccamento del liceo classico e la bidella era proprio la mamma di Fabio: abitava qui davanti. Vent’anni fa la svolta: il Cairoli si congedava, e nel frattempo le aule, per una nuova, forte richiesta si arricchivano di alunni, tanto più che nell’ultimo decennio addirittura avevamo dovuto aprire la lista d’attesa e formare una seconda sezione l’anno scorso. Del resto anche la nostra, volendo, come tutte le scuole nate nello stesso periodo avrebbe potuto ospitare in linea teorica due sezioni, sacrificando tutti gli spazi aggiuntivi. Ma noi, quando il piano di sopra si è liberato, abbiamo deciso privilegiare i laboratori: era il 1995. In assoluto le prime a vedere la luce furono la biblioteca e l’aula di musica, poi quella di arte e immagine: oggi arte e musica, per dare un’aula alla nuova sezione, sono contenute in un unico spazio. Fu il comitato genitori ad arredarle».

Il doppio murale con lo scoiattolo e le favole del bosco della biblioteca, realizzato dalla vecchia guardia della “Mia Canziani”, verrà probabilmente riprodotto nei nuovi spazi della “Busca”, dove sicuramente un luogo ospiterà nuovamente la targa e l’intitolazione al giovane Fabio.

«Poi abbiamo iniziato a costruire l’aula di scienze: siamo stati io ed i bambini a rimpolparla vincendo giochi, armadi, arredi e attrezzature con concorsi a livello nazionale e tramite donazioni dalla regione Lombardia. Avevamo anche un’aula al piano inferiore completamente dedicata al doposcuola e un’altra multifunzionale pensata per le attività dei bambini con problemi speciali, ma non la classica aula di sostegno: piuttosto, un luogo pensato per tutti i bambini che hanno bisogno di lavorare con calma nelle attività di recupero. Bene, di là non l’avremo più perché l’aula analoga della Don Bosco è diventata l’attuale aula informatica per farci stare tutto, la loro biblioteca è diventata una nostra aula e le due aulette per il doposcuola sono state trasformate in biblioteca di plesso. Nessuno dice che non staremo bene con i nostri colleghi dello stesso comprensivo, e con i bambini della “Busca”: però mancano gli spazi, e soprattutto mancheranno questi spazi, e non sarà più la stessa cosa, anche se la navetta è già stata organizzata nei minimi dettagli, anche se sta già venendo pronto tutto per ripartire».

E mentre alla maestra Loredana scappa una più che comprensibile lacrima, suona la campanella dell’intervallo alle dieci e cinquantaquattro. «È stato così per tutta l’estate» spiega commossa Serena Raia stabilendo i turni del pranzo con Antonella e Loredana «e i bambini, che la sentivano da casa, dicevano: fino a che la sentiremo suonare, la nostra scuola sarà ancora viva».