VARESE In attesa del giudice sportivo sul caso Ebagua, e del mercato di gennaio per rafforzare l’artiglieria dalle polveri bagnate, c’è un giocatore con tanti gol nei piedi che il Varese può acquistare subito con un sacrificio economico risibile. Come spesso capita, ha il destino scritto nel nome: veste la maglia numero 12 e si chiama Masnago. È la gente biancorossa, che sabato può battere il Padova.
Algebra
Quanto incidono gli incassi degli spettatori paganti sul budget del club di via Sempione? Poco, pochissimo: a occhio, valgono meno del 5%. Quanto incide la spinta del pubblico sul rendimento di una squadra in crisi d’identità? Tanto, tantissimo: a occhio, vale dieci punti a stagione. Sillogismo facile facile: se abbassi i prezzi sugli spalti, probabilmente ci guadagni in campo. Non è una certezza, poiché il calcio è scienza balzana, però è una saggia opzione, da considerare senza fare spallucce.
C’è un precedente vicino: la promozione varata col Bari (ogni abbonato poteva fare entrare gratis un’amica o un amico e furono in 1.200 ad approfittarne) ha fruttato le 5.200 presenze della notte dell’omaggio a Peo Maroso, top stagionale. Finì 2-2, ma finché tutti – tifosi compresi – rimasero concentrati i biancorossi dominarono, giocando forse lo spezzone di partita
più maturo dell’intero primo scorcio di stagione. Altri dettano la linea: calza a pennello l’esempio dell’Atalanta, che nella partita del 21 ottobre col Siena ha festeggiato i 105 anni praticando prezzi stracciati (da 1 a 6 euro per i vari settori: un’ottima idea), portando allo stadio il doppio dei paganti medi di quest’inizio di campionato (8.292 contro 3.950).
L’emorragia di presenze, tra crisi e overdose televisiva, si combatte anche così. Non tutti hanno uno Juventus Stadium zeppo: ma anche lì, ormai, i prezzi sono altini e i fans bianconeri selezionano.
Ispirazione
Perché Rosati – il patron che infine tutto decide – e Montemurro – colui che bada ai conti – dovrebbero imboccare questa strada? Perché sono capaci di uno slancio d’orgoglio e perché andare controcorrente ha sempre pagato, soprattutto se ne va del bene del Varese.
A ogni latitudine si lamentano dei vuoti in tribuna, chiedendo più passione a chi viene una tantum, e magari arriccia pure il naso; sacrosanto non svendere un prodotto valido come il Varese in serie B. Però invogliare la gente venendole incontro nei prezzi in un’occasione cruciale – ripetiamo: salasso più che sopportabile, e che sarebbe colmato da un ritorno d’amore, per le casse societarie – può rivelarsi una coccola lungimirante, buona per attirare nel presente e fidelizzare in futuro.
La squadra di Castori ha un dannato bisogno d’amore: il clima arido degli ultimi tempi, che peraltro fa a pugni con una classifica buonissima, non le giova. La squadra di Castori ha un dannato bisogno di risultati pieni: se neanche depresso perdi a Reggio, vuol dire che basta una scintilla per ripartire. La squadra di Castori ha un dannato bisogno di lasciarsi alle spalle i fantasmi: nessuno spogliatoio si divide a lungo se deve guardare in faccia tanta gente. I tifosi possono “costringere” il Varese a rivincere e a risorridere.
Chi crede che sia stato Buzzegoli a segnare la doppietta alla Cremonese, Ebagua a fare gol di tacco al Siena, Neto a ubriacare chiunque, non ha capito niente.
I mandanti
Certo, loro erano gli esecutori, ma i mandanti stavano attorno: la gente aprì il pertugio in cui ha staffilò Buba, la gente disegnò la parabola di Giulio, la gente ha “chiamato” un sentimentale come Swarovski. Se la coccoli, la gente viene. Se la gente li ispira, i giocatori esplodono.
Cari Rosati e Montemurro, col Padova siete, anzi siamo, a un bivio cruciale dell’annata. È la partita che può valere un campionato. Pensateci: una vittoria scacciacrisi vale una manciata di euro? Certo che sì: allora dai, prendete subito quel numero 12 e dategli le chiavi della squadra.
Stefano Affolti
a.confalonieri
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