VARESE Il primo giorno di scuola è andato. Alessandro Carrozza ieri mattina si è allenato a Zingonia, quartier generale dell’Atalanta; l’ala ex Varese, due anni e mezzo a Masnago, ha agguantato un sogno. Non è esagerato parlarne in questi termini: per un uomo di trent’anni che fino a diciotto faceva il carpentiere, non esiste il pericolo della retorica. Ora c’è da fare i conti con questo sogno, partendo da Cesena, domenica pomeriggio alle tre, il primo impegno in ordine di tempo dell’Atalanta. Carrozza, intanto, si guarda in giro come Alice nel Paese delle Meraviglie. “Un giorno è poco – dice -, ma comunque fa impressione”.
Cioè, Carrozza?
Voglio dire: arrivi lì e ti trovi dentro un centro sportivo con piscine, quattro campi, palestra. Basta quasi entrare negli spogliatoi per capire di essere in serie A.
Il confronto coi mezzi del Varese è così impietoso?
No, non avete capito. A me Varese piaceva così, e pure tanto. Non potevi non stare coi piedi per terra e questa certezza è la forza del Varese. E in fatto di organizzazione, chiedere a chiunque, nulla da invidiare a nessuno.
Riavvolgiamo il nastro all’estate 2009, quando è arrivato al Varese: immaginabile il salto in A due anni e mezzo dopo?
No, nel modo più assoluto. Però, a mio merito devo dire che non mi sono mai fermato. E con me tutta la squadra.
Eppure lei era già stato al Pisa in B due stagioni prima.
A Varese è stata tutta un’altra faccenda. Sono arrivato in Prima Divisione e siamo cresciuti tutti insieme. Al Pisa ero un signor nessuno, a Varese si è creato un mix irripetibile tra squadra, società e ambiente.
Quando le cose hanno cominciato a girare per davvero?
Mi vien da dire che è successo tutto martedì pomeriggio. Poi, però, ripenso all’anno scorso: abbiamo vissuto una stagione incredibile e in estate ognuno di noi ha covato il sogno che si presentasse qualcuno di serie A per offrirci una chance. Nel mio caso, non è successo; poi è arrivata l’Atalanta l’altro ieri.
Ad inizio mese, il Siena l’ha corteggiata ma non se n’è fatto nulla. Ha temuto di aver perso un treno?
Non è che fossi disperato, perché avrei comunque giocato nel Varese. Però, ci avevo fatto più di un pensiero, perché avrei ritrovato Sannino e sarebbe stato un grosso vantaggio. Ma a quasi trent’anni un poco saggio lo diventi e l’occasione me l’ha data l’Atalanta.
Ora che è un giocatore da serie A, in estate andrà sempre a lavorare nel suo ristorante a Gallipoli?
Sicuro, certe cose non devono cambiare. Per me, dare una mano a mia moglie Antonella, a Giacomo e ad Emanuele è una questione di principio. E al ristorante “Il Buongustaio”, scrivetelo, si mangia bene.
Che cosa significa per lei il Varese?
È diventato casa mia. Ho vissuto i tre anni più belli della mia vita, non posso che ringraziare la società, la squadra e la città: arrivando all’Atalanta ho coronato il sogno di una vita e devo tutto a Varese e al Varese.
Completi lei la frase: A Varese, Carrozza è diventato…
Non ce la faccio, come potrei dire tutto in una parola? Completatela voi. Io aggiungo solo: forza Varese, tiferò sempre per te.
Luca Ielmini
a.confalonieri
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