La vicenda che vede coinvolto l’attore Raoul Bova si arricchisce di nuovi sviluppi, tra smentite, sospetti e zone d’ombra. Al centro dell’indagine condotta dalla Procura di Roma per tentata estorsione c’è la diffusione di chat e audio privati tra Bova e la modella Martina Ceretti, resi pubblici dopo un presunto messaggio minatorio anonimo. Il giallo si infittisce intorno alla figura dell’imprenditore Federico Monzino, che nega ogni coinvolgimento diretto.
Il presunto scambio: file per denaro e droga?
Secondo quanto trapelato da fonti investigative, Monzino avrebbe raccontato agli inquirenti di aver ceduto a Fabrizio Corona il materiale privato in cambio di 1.000 euro in contanti e il numero di un pusher. Ma in un’intervista a La Repubblica, Monzino ha smentito categoricamente: “Non ho mai dato quei file a Corona in cambio di denaro né tantomeno per droga”.
Un’affermazione in contrasto con quanto emerso finora, che obbliga i magistrati a fare luce sul presunto coinvolgimento di un intermediario della droga e sulla reale natura della transazione. Il sospetto è che dietro quel pagamento ci fosse altro.
L’origine dei file: i messaggi tra Bova e Ceretti
Tutto sarebbe partito da una minaccia arrivata via SMS a Raoul Bova: un numero sconosciuto lo avvisava che le sue conversazioni private con Martina Ceretti, dai contenuti intimi, sarebbero potute diventare pubbliche. L’attore non ha risposto, ma pochi giorni dopo quei file hanno cominciato a circolare.
Ceretti ha ammesso di aver girato gli audio a Monzino, spiegando però agli investigatori di averlo fatto “in buona fede”, senza immaginare un uso improprio.
Gli indagati (per ora) non ci sono, ma i dispositivi sì
Nessuno al momento risulta formalmente indagato. Monzino ha precisato di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia, ma il suo telefono — così come quello della modella — è stato sequestrato. Entrambi sono stati ascoltati come persone informate sui fatti.
Sotto esame anche il ruolo di Fabrizio Corona, il cui nome torna nel mirino della magistratura, pur senza alcuna denuncia a suo carico. La Procura dovrà ora stabilire se vi sia stata una catena di responsabilità che, partendo da un gesto superficiale, si è trasformata in una possibile estorsione.
Il caso resta aperto, sospeso tra celebrità, gossip, soldi e ombre di criminalità, in attesa che le indagini chiariscano dove finisca l’imprudenza e dove inizi il reato.