Caso Cantù: basket diviso «Chi ha scritto le regole?»

La pallacanestro italiana si scanna sul tesseramento di Johnson. Coppa: «Dev’essere la Federazione a fare un po’ di chiarezza»

Disposizioni organizzative annuali della Federazione Italiana Pallacanestro, pagina 15: «Nel momento in cui un’Affiliata dovesse iscrivere a referto più di 5 atleti non formati o dovesse richiedere il settimo visto tesserando il giocatore, significherà che ha optato per lo schema 3 (extracomunitari) + 4 (comunitari) + 5 formati. La Società che ha optato per tale schema può andare a referto in 10, iscrivendo comunque minimo 5 atleti formati e garantendo il deposito di 12 contratti, di cui 5 di formazione». Più o meno chiaro, no? Peccato che ci sia la pagina 14 a far saltare il banco: «Nel caso in cui l’Affiliata iscriva a referto numero 11 o 12 atleti, massimo 3 dovranno essere extra Fiba Europe».

Sono queste due le regole sulle quali il basket italiano è tornato ancora una volta a scannarsi. Il caso è stato sollevato dall’intenzione di Cantù di tesserare l’atleta JaJuan Johnson, l’ala forte (ex Pistoia) proveniente da quel Krasny Oktyabr Volgograd che in comune con i brianzoli ha colui che mette la grana: Dmitry Gerasimenko. L’Acqua Vitasnella aveva optato a inizio stagione per la formula del 5+5 (ovvero 10 contratti a referto di cui 5 di formazione italiana), rimanendo vincolata al numero massimo di visti consentiti in base a tale scelta (6). Trovandosi nell’esigenza di rinforzare l’organico e quindi di avere a disposizione due visti in più (8, quelli che possono essere spesi dalle squadre in regime di 3+4+5, ovvero 3 extra, 4 comunitari, 5 di formazione italiana), la società di Anna Cremascoli ha sfruttato la possibilità – dietro pagamento di 40 mila euro – del cambio di formula. Tra i 12 giocatori che Cantù – con la firma di Johnson – presenterà in organico, però, non ci sarà alcun comunitario: legittimo alla luce delle norme enunciate in precedenza? Caos: Cantù ha chiesto prima il parere del presidente della Lega Fernando Marino, positivo, poi quello del segretario generale della Federazione Maurizio Bartea, arrivato via mail lunedì scorso e altrettanto favorevole. Tutto risolto? No: per decisione del presidente federale Gianni Petrucci a dirimere la questione dovrà essere la Corte Federale (che si riunirà oggi alle 15.30), e ben sette squadre di Serie A (Reggio Emilia, Cremona, Trento, Pistoia, Bologna, Torino e Pesaro) – annusando una possibile risposta pro Cantù da parte della Corte – sono scese sul piede di guerra, chiedendo la convocazione di un’assemblea straordinaria della Confindustria del basket.

Da che parte sta Varese? Lo abbiamo chiesto al presidente Stefano Coppa: «Vorrei essere chiaro su un punto: questo problema non è di competenza della Lega. È la Federazione che ha scritto le regole ed è quindi responsabile di una loro interpretazione. Noi presidenti dobbiamo rimanere uniti e compatti, senza spaccarci in fazioni. Va bene l’assemblea straordinaria, ma solo se serve a discutere su dei regolamenti che alla fine penalizzano tutti». Perché il problema sta proprio alla fonte: «Si tratta di regole scritte male – continua Coppa – e le società subiscono le conseguenze di ciò che viene deciso sopra le loro teste. Io, personalmente, non voglio entrare nel merito di alcuna interpretazione: sia quella estensiva, cavalcata da Cantù, sia quella di senso contrario sono assolutamente accettabili. Ma c’è bisogno di chiarezza». C’è da scommettere che il caso non si esaurirà con la pronuncia federale di oggi: «Cosa farà Cantù, che per questo tesseramento ha già speso dei soldi, nel caso in cui le venga detto di no? E cosa faranno, invece, le altre società nell’ipotesi in cui la richiesta dei brianzoli venisse accolta?» si chiede Coppa? Ieri, intanto, i lombardi hanno ufficializzato Johnson e mandato un messaggio di fuoco alla Federazione: «Ci avete già detto di sì, sarete chiamati a rispondere di eventuali danni». Cui i piani alti hanno prontamente risposto: «Posizione irrispettosa».