Caso Uva, pm all’attacco Nel mirino c’è il giudice

VARESE Settantuno pagine di repliche e di documenti. Settantuno pagine per impugnare la sentenza che, il 23 aprile scorso, assolse lo psichiatra Carlo Fraticelli dall’accusa di aver provocato colposamente la morte di Giuseppe Uva.Ma quello di Agostino Abate, il pubblico ministero che puntava l’indice contro Fraticelli, è anche un attacco frontale a chi formulò quel verdetto: il giudice Orazio Muscato.Secondo il magistrato varesino, la sentenza sarebbe stata viziata «dal non rispetto del contraddittorio» e sarebbe basata «sull’errata ricostruzione dei fatti emersi nel processo» e «sull’errata valutazione delle prove comunque acquisite nel corso del processo».Nel suo appello, Abate ricostruisce il clima in cui vennero celebrate le udienze. Il riferimento esplicito è, in particolare, alle «manifestazioni pubbliche» organizzate da Lucia Uva (la sorella del defunto) «per sostenere una tesi precisa: Giuseppe Uva era morto per le lesioni cagionategli da carabinieri e poliziotti».Sempre secondo il sostituto procuratore, Muscato in udienza avrebbe permesso che «costantemente si parlasse di accadimenti misteriori avvenuti prima del ricovero, di fantasiose

ipotesi ricostruttive» e che si arrivasse «addirittura a insinuare che le irrilevanti macchie di sangue, da emorroidi non recenti, fossero il segno di una vuiolenza sessuale patita in caserma».Abate lamenta quella che definisce «beffa processuale». Il giudice gli avrebbe infatti impedito «di provare in aula ciò che è stato accertato con chiarezza in istruttoria» e di esaminare in aula «tutti i testi presenti in caserma, compresi i medici che lì hanno avuto in cura per ore Giuseppe Uva prima di riuscire a calmarlo e a portarlo al pronto soccorso». Mentre poi, nella sentenza, lo stesso giudice gli ordina «di indagare su quanto accaduto in caserma, perché i parenti hanno diritto di sapere».Abate cita anche il “misterioso” fascicolo 5509-09, quello aperto per indagare sulle lesioni che Uva avrebbe patito prima del ricovero. «Si è atteso l’esito di questo processo – spiega – e adesso il procedimento andrà ad evoluzione naturale seguendo il percorso previsto dal codice di rito, nel pieno del contraddittorio».

s.bartolini

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