Spariscono luoghi che hanno segnato un’epoca. È il caso della Bussola 2, ex discoteca, ristorante e albergo nel cuore della Valcuvia, ora in fase di demolizione per far spazio a una nuova struttura commerciale legata alla grande distribuzione organizzata.
L’edificio, da tempo dismesso e decadente, era diventato ricettacolo di degrado: sporcizia, bivacchi, colonie di roditori. La riqualificazione, benché poco romantica, rappresenta una soluzione concreta, come ha confermato il sindaco Giorgio Piccolo. «L’intervento era in gestazione da anni ed è ora nella sua fase attuativa – ha dichiarato –. Si tratta solo di mesi. Il progetto prevede anche interventi per il traffico, il rifacimento dei marciapiedi e una nuova immissione sulla Statale 394».
La notizia ha suscitato reazioni sui social, dove automobilisti e residenti hanno commentato la trasformazione di un’area ben visibile e da tempo abbandonata. L’edificio, noto con tanti nomi – Joly, Albergo San Giacomo, Bussola 2, ma per tutti semplicemente “Charlie” – fu costruito tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70. Negli anni ’80 conobbe il suo apice: nei sotterranei si ballava tra luci strobo e scale a chiocciola, mentre il ristorante al piano superiore serviva cene memorabili, guadagnandosi fama di miglior cucina della valle.
Il “Charlie” era la prima vera discoteca della Valcuvia, e attirava ragazzi da Luino, Gavirate, Besozzo. C’è chi lì si è innamorato, sposato, chi ancora ricorda le serate con gli amici, le prime sigarette, le risate sotto la tettoia rossa della biglietteria, visibile già dalla strada che scende da Cittiglio.
E poi la chicca sportiva: nel 1982, in occasione della Tre Valli Varesine, valida come campionato italiano di ciclismo, l’intera squadra Atala-Campagnolo alloggiava proprio lì. Brindisi, entusiasmo, piazzale gremito.
Ora tutto questo è solo un ricordo. Una malinconia dolceamara per chi ha vissuto quegli anni fatti di radio libere, liscio, rock e balere. Il futuro si costruisce, ma certi mattoni — quelli del cuore — restano.
“Charlie addio, ché c’hai fatto sognare.”