Chi ci mette sempre la faccia e chi non ce l’ha

Il direttore Andrea Confalonieri racconta la protesta di ieri dei 300 tifosi del Varese

Finalmente il Varese fatto da chi non ha nessun interesse, nessun business, nessuna posizione, nessun intrallazzo o ambizione personale da difendere. Questo è il Varese: trecento uomini, donne, bambini e pensionati in piazza solo con una bandiera, una sciarpa e una maglietta pulite, o macchiate del sangue biancorosso che scorre nelle vene. È stata la trasferta più bella, dalla Curva Nord alla sede della società: perché eravamo nudi, vestiti solo di Varese, senza nessuno dei tanti venduti o comprati nei paraggi. Eravamo cattivi, incazzati e senza peli sulla lingua ma seri, composti, civili, umili, lucidi, ispirati. Ironici (“Il Varese ai varesini, purché non sia Laurenza”, “Prima il pakistano, poi il libanese ma chi ama il Varese?”), rabbiosi perché gli unici ad averci perso siamo noi, orgogliosi perché a Como hanno voglia a sfotterci (“Chi non salta è un varesotto”): prima centrino una semifinale e una finale per la serie A, provino a restare in B cinque anni lanciando o rilanciando Castori, Maran, Kurtic, Pavoletti, e poi ne riparliamo.Chi parla “solo” di duecento o trecento persone e di protesta ultrà, anche se l’animo di ogni tifoso biancorosso – piscinin ma cativ – è indubbiamente ultrà (da Masini a Giorgetti, dall’Alfredo a Sogliano), cerca solo di sminuire o non vuole capire. Eravamo molto (e molti) di più. Quello che dovrebbe auspicare qualunque governante dall’alto, lo dice il piccolo popolo

biancorosso dal basso: meglio nei dilettanti ma sani, onesti e puliti che in serie B o in serie C schiavi dei debiti, disposti a vendere l’anima – e non solo quella – al diavolo, presi per il culo da gente senza spessore, senza storia, senza competenza e in alcuni casi senza dignità. Ci è anche toccato leggere titoli come “Stadio nuovo nel 2017” o “Ripescaggio perché no?” mentre non pagavano neppure le bollette, o ascoltare gli applausi scroscianti di una ventina di persone alla nuova proprietà nella sala matrimoni del Comune: ieri nessuna di quelle persone, tranne una – che però stavolta applaudiva la curva… – è scesa in campo, dove invece si decidono davvero le partite.Nessun dirigente presente, nemmeno quelli che professano amore eterno a questi colori, e invece avrebbero dovuto metterci la faccia perché quella che è scesa in piazza era la loro gente ma era soprattutto la gente di quel Varese per cui vivono (o vivono per il ruolo e la fama che dà loro il Varese?).C’era invece Luca Alfano, che ormai pesa come il Pantani che trionfava al Giro e al Tour del 1998, leggendario fuscello: spingendo la sua carrozzina dall’ombra di un albero all’altra perché la sua bomboletta d’ossigeno non diventasse incandescente abbiamo avuto la conferma che non sono le cariche, i soldi o le parole a pesare un uomo. Ma le palle.