Chi ha paura dell’Eccellenza? Ripartiamo dallo stesso punto dell’altra volta, e c’è un gradino in meno da scalare, giacché la Lega Pro è unica mentre dieci anni fa era sdoppiata. Facendo le cose giuste, magari torniamo su in tempi non troppo diversi.
Ma non è alla serie B che dobbiamo guardare, adesso. Fatti i gironi, viste le avversarie, vale la pena fare un passo indietro e ricordarci quel che accadde alla fine dell’estate 2004, quando il nuovo Varese 1910 creato da Ricky Sogliano e allenato da Mario Belluzzo prese contatto con una realtà sconosciuta.
Il campo di Parabiago, blindato inutilmente poiché laggiù non hanno mai ricevuto una tifoseria come quella biancorossa e temono sconquassi, è l’icona della rinascita, polvere vera e metaforica di cui c’inzuppiamo come in un battesimo.
Ieri come oggi, viavai di giocatori e squadra fatta in ritardo. Quel giorno gioca gente per lo più dispersa già poco tempo dopo: Verderame, Franchetti, Pascuccio, Mazzotta, Rostellato, Pisano, Macchi, Cunati, Franci, Croci, Chietti, Lai, Collitorti, Adzaip. Solo Pisano è arrivato fino alla B col Varese, e ora è in A.
Belluzzo assembla con pazienza giobbesca, parte con tre vittorie e alla quarta le busca dalla corazzata Fanfulla, nobile decaduta che vincerà in carrozza il campionato. Altre vittorie di misura, poi i pareggini con Spino d’Adda e Fulgor Cardano. Doloroso benservito all’uomo di Avigno, tocca a Devis Mangia promosso dal vivaio.
Che debutta pure peggio: 0-1 con la Rhodense a Masnago. Perde anche a Gavirate (al campo Vittore Anessi c’è ancora incorniciato il giornale di quella partita) e col Real Cesate, poi ingrana. Rimonta, prova pure a insidiare i lodigiani, ma il tentativo è tardivo: chiude secondo, va ai playoff e perde la finale con la Tritium. La promozione in D arriverà lo stesso, tramite opportuno ripescaggio.
Cabala: delle avversarie di allora, l’unica che il Varese di Melosi ritroverà nel girone A di Eccellenza è il Verbano di Besozzo.
Fu una stagione faticosa, dentro e fuori dal campo. Ma fu anche una stagione fondamentale, perché ci fu il tempo per assestare dirigenza e progetto. Tutti si sciacquarono la bocca e capirono lo spirito giusto con cui ripartire. Quelli che c’erano a Parabiago ci saranno anche alla prima giornata del prossimo campionato, qualunque sia la meta.
La differenza, non da poco, è che mentre allora impattavamo in una realtà mai vissuta prima, adesso abbiamo un precedente di riferimento relativamente fresco, a cui attingere sia sul piano tecnico che psicologico.
La reazione positiva di molti tifosi alla soluzione del giallo dell’estate, con la compagine societaria e l’iscrizione in porto all’ultimo minuto utile, con ampia profusione di volti già noti e di provata fede, la dice già lunga sull’approccio ideale dell’ambiente. Poche le voci fuori dal coro: gli scettici c’erano anche allora, furono convertiti e riempirono lo stadio a ogni salto in alto.
Nessuno di quelli che c’erano allora può temere ciò che ci aspetta adesso. Qualunque siano il prossimo campo-icona e il prossimo avversario-icona, di cui tra qualche anno parleremo come termini di paragone. Parabiago ha fatto il suo tempo, attendiamo il calendario per designare l’erede.
Il Varese che martedì inizierà la preparazione avrà i fari spenti, certo, ma anche il petto gonfio d’orgoglio, come nel 2004. Lo temeranno, lo rispetteranno, cercheranno di batterlo per raccontarlo agli amici. Un film già visto, niente paura.