Penna cestistica varesina – e non solo – del Corriere della Sera, tifoso biancorosso conclamato, censore senza peli sulla lingua (uno degli ultimi rimasti, fuori e dentro la città). Con Flavio Vanetti si analizza la stagione appena conclusa, proprio nel momento in cui i segreti conclavi stanno determinando le basi di quella che verrà.
Insoddisfacente. E non lo dico io: lo affermano i risultati. La finale di Fiba Europe Cup raggiunta è una sorta di eccezione alle regola e gliene va dato atto: non è stata una “coppetta” e ha riportato Varese nella dimensione che le compete. Ma è l’unica cosa che è andata bene: non dimentichiamoci che dopo la partita contro Capo d’Orlando in campionato eravamo con mezzo piede in A2. Le aspettative nei confronti di Coppa erano alte e lui le ha deluse soprattutto a livello amministrativo: ha fatto sapere che il buco di bilancio, rilevato quest’anno, nasceva da gestioni passate. Bene: lui dov’era a quel tempo?
Sì, Moretti è stata una bella scelta, ma è arrivata a conclusione di un percorso illogico che ha penalizzato Varese sul mercato, almeno a livello di tempistiche. Fortunatamente mi sembra che la brutta avventura abbia insegnato qualcosa: il futuro che pare delinearsi vedrà un lavoro razionale, ruoli definiti e un’operatività in tempo reale.
Il primo è dei suoi inizi con l’Aurora Desio: il grande Celada, che lo aveva scoperto, si esaltava a ogni sua prodezza. Coldebella è stato un atleta di carattere, di personalità, uno che non aveva paura di nulla. Ho bene in mente la sua rissa a Pesaro in maglia Virtus Bologna, durante una finale scudetto: si attaccò con l’americano della Scavolini McCloud e noi giornalisti rimanemmo al palazzetto fino alle 3 del mattino perché gli arbitri non riuscivano a ricostruire la “scena del crimine”. Ha vinto tanto nella sua carriera e ha giocato in squadre molto importanti.
Lo conosco meno. L’impressione è di un buon organizzatore con le idee chiare e mi auguro che sappia anche portarne di nuove a Varese, perché nella pallacanestro di oggi servono come il pane. Dovrà essere un playmaker nella gestione della società, proprio come lo era sul parquet.
Tra Varese nel Cuore e Openjobmetis andranno cercati e trovati i giusti equilibri: chi mette i soldi, fissa le regole. Lo sponsor ha dato tanto in questi anni alla Pallacanestro Varese ed è difficile, oggi come oggi, trovarne uno così appassionato: si tratta di un valore prezioso. Che nella nuova società Rosario Rasizza abbia maggior peso è dunque inevitabile e naturale, ma anche il Consorzio deve poter dire la sua. L’importante è che ci sia una struttura di vertice con uno staff contenuto e razionale, capace di scelte immediate. Non sono un gran fautore della democrazia in questi casi…
Quelli che decidono devono essere pochi e ben selezionati. E devono godere della massima fiducia, nonché della possibilità di lavorare al meglio. A fine anno si analizzano i risultati: se hai fatto bene rimani, altrimenti vieni sostituito.
Sì, senza dubbio. Non fosse altro perché ti permette di agganciare l’entusiasmo della gente, più portata a identificarsi negli italiani. Gli americani forti sono sempre di meno e la stagione appena conclusa – pur nelle sue difficoltà – ha dimostrato come sia possibile valorizzare qualche prodotto nostrano. E in tal senso Giancarlo Ferrero è stato l’emblema di un sommerso in cui ancora si può pescare. Non dimentichiamoci gli errori della non riconferma di De Nicolao, Polonara e Cerella, così come il non aver insistito per Flaccadori: meglio dare qualche soldo in più agli italiani che a uno scalzacane americano che non sposta nulla e non dà futuro.