L’amore non si può raccontare con le parole: sono lettere, prive di significato e significati. Sono solo convenzioni per descrivere il mondo. L’amore, quello vero, viene raccontato solo dai gesti. Da quello che uno fa, perché gli esce spontaneo, come acqua da una sorgente, dall’animo. Amare una persona, o un’idea, in fondo fa poca differenza. Amare il
Varese, invece, fa tutta la differenza di questo mondo. La stessa che divide, e separa come fosse una spada, l’occasionale dal tifoso. L’uomo comune dalle bandiere. La stessa differenza che ci fa ridere e piangere per un gol: per una palla che varca la linea. La stessa che fa di un amante del calcio, il presidente Paolo Maccecchini.
Il Varese è una questione di cuore. Rinascere dal nulla per fare un’Eccellenza del genere è imputabile solo a quello. È imputabile al solo amore che un varesino può avere per la sua squadra.
Io dico che più siamo, meglio è. Dico che questo è stato l’anno di Varese e dei varesini: l’anno in cui l’amore per i colori ha vinto sulla morte. Morte che è arrivata in passato grazie a dei “non varesini”: con loro è stato un fallimento ogni quattro anni. Ecco…
Che chi ha fatto grande il Varese, per me, va riconfermato.
Sono quattro o cinque nomi, non di più. Io sono sempre dalla parte di Sogliano, sia padre che figlio, perché li conosco da sempre; perché ci hanno fatti grandi partendo dalle ceneri del nulla. Di nomi, però, non ne voglio fare: li conoscete un po’ tutti.
Di attaccarci a Sean Sogliano: solo lui e Giorgio Scapini possono far tornare grande il Varese. Io prenderei un grande attaccante, sistemerei il centrocampo, e prenderei un difensore di livello.
Lì c’è Scapini: chi meglio di lui, con l’aiuto di Sean, può portare giovani di livello, qui?
E poi dico solo questo: non toccate la società. Perché è stata, assieme al pubblico, la forza di questa rinascita. E sarà la forza del nostro futuro.
Io sono il presidente del settore giovanile, ma quella è solo una carica. Io penso che i bimbi siano il gioiello della famiglia. Che è nostro compito educarli, e..
E che se ai miei piccoli dovesse mai mancare qualcosa, io sarei lì, pronto ad aiutarli. Ecco quanto conta: l’umanità è tutto.
Certo: abbiamo sistemato il Franco Ossola grazie ai gesti dei genitori dei nostri bimbi. Quello, per me, è il vero amore.
Chi sta nel Varese, e chi lo ama davvero, non parla mai al singolare, ma solo al plurale.
Sì, io dico che al Varese ci vogliono sempre più persone di cuore: gente come Aldo Cunati, o Sarah Maestri.
Alla mia famiglia, ai miei figli. E ai varesini che mi hanno permesso di essere qui a fare il presidente.
Quello che mi sento di dire è che non dobbiamo avere paura di andare avanti da soli. Che finché si pagano gli stipendi, e non si fanno i debiti, non bisogna temere nulla.
Meglio piccoli nel calcio, ma grandi nell’onore.
Chi viene qui lo deve fare per amore. Chi vuole comandare, deve comprare il Varese. Il mio è un discorso generale, ovviamente. Non mi riferisco a nessuno in particolare, credetemi.
È meglio rimanere qualche anno di più in queste categorie, che salire e fallire di nuovo: piccoli ma grandi, è la mia filosofia.