Chiesto il rinvio a giudizio per i due medici del caso Uva

VARESE Il 14 giugno saranno passati due anni dalla morte di Giuseppe Uva e per quel giorno, lunedì prossimo, le compagnie telefoniche avranno distrutto tutti i tabulati delle chiamate di quella notte, quando l’artigiano varesino venne prelevato dai carabinieri in via Dandolo, insieme all’amico Alberto Biggiogero, in evidente stato di ebbrezza, e portato alla caserma di via Saffi. Che cosa sia successo poi – a due anni di distanza – ancora non si è capito.
Giuseppe Uva morì

il mattino successivo all’ospedale di Circolo, ed ora per due medici, Matteo Catenazzi, che quella notte operava al pronto soccorso, e Carlo Fraticelli, di guardia nel reparto di psichiatria – dove Uva venne portato per essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio – è stato chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo. Così la procura di Varese, in aula ieri con i pm Agostino Abate e Sara Arduini.
Eppure, la traccia lasciata dalle utenze telefoniche, in particolare dei carabinieri e degli agenti delle volanti che intervennero in via Dandolo, avrebbe potuto fare luce su quell’episodio: ne è convinto l’avvocato Fabio Anselmo, difensore di parte civile di Lucia Uva, sorella della vittima, che nei mesi scorsi aveva chiesto l’acquisizione di quei tabulati. Non ha nascosto la sua delusione, ieri al termine dell’udienza, quando ha constatato che di essi negli atti del pm non vi è traccia: «Ma senza quei tabulati il caso Uva non esiste più» si è lamentato di fronte ai cronisti. Eppure, sotto l’aspetto giudiziario, la vicenda promette di riservare ancora delle sorprese. Il giudice, Cristina Marzagalli, ha accolto tutte le sette costituzioni di parte civile, da parte dei genitori, delle sorelle e di una nipote di Uva, ed ha rinviato al 27 ottobre, quando dovrà pronunciarsi in merito alle richieste delle parti processuali, e poi al 1 dicembre.
Fondamentale è la formazione del fascicolo. Il pm Abate lo scorso mese aveva depositato i verbali degli interrogatori dei consulenti di parte, quella stessa attività in merito alla quale l’avvocato Fabio Anselmo ha depositato lo scorso 6 giugno un’esposto all’Unione delle camere penali contro Abate.
Le parti civili hanno replicato chiedendo che vengano ammesse le proprie indagini difensive, le testimonianze di Alberto Biggiogero, quella di Carmela Uva, e gli esiti delle consulenze dei propri periti: non credono che Giuseppe sia morto in conseguenza (o solo in conseguenza) dei farmaci che gli sono stati somministrati in ospedale, a lui ebbro e già sofferente di cuore. E puntano il dito su quella notte in caserma. La cosa strana di questo procedimento, quindi, è che gli imputati, cioè i due medici, difesi dagli avvocati Gianfranco Orelli, Andrea Orelli e Renato Piccinelli, hanno un evidente interesse a che le parti civili riescano dimostrare una diversa versione dei fatti. Processualmente, si tratta di un inedito.
Franco Tonghini

e.marletta

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