«Ciao Giuan». Addio tra gli applausi per lo storico patron della Famiglia Sinaghina, salutato da una Chiesa gremita oggi pomeriggio al funerale celebrato nella sua Sacconago.
«Abbiamo il dovere di continuare a coltivare la sua passione» lo ha salutato così, a nome di tutta la città, il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli, che ha ricordato le origini familiari sinaghine di fronte all’ultimo affettuoso saluto a Giovanni Sacconago.
«Era orgoglioso di portare il nome del suo rione nel cognome» sottolinea padre Dante Toia, parente acquisito che ha celebrato le esequie secondo i desideri di Giovanni Sacconago.
«Si identificava con il rione, ci teneva ad esserne l’anima civile» ricorda don Luigi Caimi, parroco di Sacconago dal ’97 al 2008, oggi a Nova Milanese, che non avendo potuto presenziare ha fatto leggere un suo messaggio al termine della cerimonia. Giovanni “era” Sacconago.
«Un genius loci cristiano» così lo definisce padre Dante nell’omelia. «Uomo deciso e ostinato per il bene della sua comunità, innamorato della gente del suo posto, sempre votato allo sforzo di realizzare unità tra l’espressione civica e quella religiosa della parrocchia». Il sindaco Farioli non dimentica la lezione di Giovanni Sacconago: «Ci ha insegnato con il suo brutto carattere a combattere».
E Carlo Monoli, altro sinaghino attivissimo quasi coetaneo, lo saluta fuori dalla Chiesa dicendogli «ciao Comandante». Per ricordarne la tempra e la determinazione del combattente che non molla mai. Fino all’ultimo, tanto che i nipoti raccontano «l’ultimo esempio» del nonno Giovanni: «Ci ha fatto vedere come si affronta il dolore. Con fede, amore e un pizzico di ironia, come quegli occhiolini che rivolgeva ai suoi figli nei momenti più duri della malattia». Ora è lassù in cielo, al fianco della sua adorata moglie Livia che sognava di ritrovare da cinque anni. La sua Sacconago ha un angelo custode in più.
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