Così Salvini “purga” i giorgettiani

Nel prossimo Parlamento la "corrente" che fa riferimento al ministro dello Sviluppo Economico sarà ridotta ai minimi termini: tra i fedelissimi silurati e lasciati a casa, il varesino Matteo Bianchi.

La Lega che si presenta ai nastri di partenza delle elezioni del 25 settembre sembra essere ancora saldamente in mano a Matteo Salvini: le liste depositate ieri certificano chiaramente che l’ex ministro dell’Interno ha in mano le chiavi del partito e non intende rischiare di rivivere l’incubo, culminato nell’adesione “forzata” al governo Draghi, di essere il segretario di una Lega a trazione giorgettiana.

Fonti interne al partito di via Bellerio, infatti, confermano che nella legislatura che si sta concludendo Salvini avesse il controllo di circa un terzo dei parlamentari e che la maggior parte di deputati e senatori rispondessero direttamente o indirettamente a Giancarlo Giorgetti: si spiegano così i tanti “rospi” ingoiati dal leader leghista in materia di green pass, vaccini, sostegno al governo e, da ultimo, le sanzioni alla Russia (definite proprio ieri da Salvini “inutili e dannose”).

Da qui la volontà di avere, nella prossima legislatura, pieno controllo dei gruppi parlamentari, in particolar modo di quello al Senato, dove ogni seggio avrà un peso rilevante (con la riduzione si passa da 315 a 200 senatori): Salvini ha quindi blindato i seggi sicuri con i suoi uomini di fiducia, di fatto riducendo ai minimi termini la possibile opposizione interna.

Parecchi sono i parlamentari sacrificati (non candidati o difficilmente eleggibili) in via Bellerio: molti di loro di chiara matrice “giorgettiana”: su tutti l’ex enfant prodige della Lega, Paolo Grimoldi, ma anche Paolo Ferrari, Raffaele Volpi, Stefano Locatelli, Guglielmo Picchi, Tony Iwobi, Barbara Saltamartini e il varesino Matteo Bianchi. Tutti uomini vicini al ministro dello Sviluppo Economico. Tutti, come osserva il Corriere della Sera, “rigorosamente atlantisti, tutti meticolosamente distanti dalla tentazione di criticare l’obbligo vaccinale o il green pass”.

Lo stesso Giancarlo Giorgetti, che in questi giorni tace (un silenzio assordante, ndr), è stato spedito in “esilio” in Valtellina, nel collegio di Sondrio. “Un’umiliazione“, chiosa un ex parlamentare a lui vicino: “la scelta di mandarlo all’estrema periferia dell’impero non è casuale, ma ha un valore simbolico ben chiaro. Salvini vuole proprio lasciarlo ai margini della Lega“.

Nelle chat dei deputati serpeggia il malcontento e qualcuno mestamente osserva che “è certo che non esisteremo più: perché di ‘giorgettiani‘, nel prossimo Parlamento, rischia di non esserci più nessuno“.