Crisi e vento gelano gli affari Sant’Antonio non aiuta i banchi

VARESE «Tanto vento, poca gente, affari a picco». I primi a chiedere a Sant’Antonio di risollevare le sorti dell’economia sono stati proprio i commercianti che ieri mattina e ieri pomeriggio hanno preso moltissimo freddo, ma hanno incassato poco o niente. «I conti si fanno alla fine e la speranza è che il calore del fuoco porti un po’ di gente in città, ma se dovessi fare un bilancio adesso sarebbe davvero nero» dice Giampiero Pavan che vende monili d’argento.  

Vendite al ribasso anche per uno dei cibi più amati della festa: le frittelle. «Non abbiamo mai contato il numero di frittelle che sforniamo nella notte di Sant’Antonio – afferma Fasson Velles – Quello che è sicuro è che quest’anno siamo fermi. Lo scorso anno faceva molto più freddo, se non ricordo male c’erano meno undici gradi, ma le persone in giro per la città erano più numerose». 

«Il vento influisce, ma più di tutto è la crisi che spaventa le persone e fa passare la voglia di fare acquisti – dice Laura Cerutti, apicoltrice mai assente dalla festa negli ultimi 20 anni – Sono già due anni che non lavoro più come una volta. Oggi non ho guadagnato nulla, ho solo speso soldi per comprare bibite calde. Non rinuncio a questo appuntamento, ma solo per non perdere il posto che mi sono guadagnata anno dopo anno. So che la vita è una ruota che gira, quindi resisto in attesa di tempi migliori». 

<Sono pochissime persone in giro per la città, il che è veramente triste – continua Mariuccia Pozzi, di Marchirolo, artigiano specializzato nella realizzazione di cuscini – Io penso che la festa di Sant’Antonio sia una specie di fiera dell’artigianato per i prodotti ricercati che vi si trovano. Non è la classica sagra di paese perché ci sono bancarelle di qualità. Una volta le persone venivano apposta per cercare cose particolari, adesso hanno un po’ paura di spendere. Quando poi ci si mette anche il vento, allora le cose vanno ancora peggio>. 

In effetti, a spasso tra le bancarelle, si respira aria di preoccupazione. Sul sagrato della chiesa le candele non riuscivano a rimanere accese a causa del vento, cosa che non faceva che alimentare i brutti pensieri. «Io ho 53 anni e lavoro da quando ne ho 14. Ho alle spalle 37 anni e 9 mesi di lavoro come metalmeccanico, ma non posso andare in pensione – racconta Mario Bedin – Sono in mobilità e vivo con 700 euro al mese, che senso ha? Tutto questo penalizza anche i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro: a casa ho un figlio che sta cercando un impiego e che non riesce a trovarlo». 

Nei panni di Bedin ci sono tante persone. «Speriamo che il fuoco accenda gli animi e faccia tornare un po’ di ottimismo» conclude Monica Forlani. A. Mor. 

s.bartolini

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