Cuore gonfio e attributi. Così è il vero biancorosso

Il punto di Gabriele Galassi

Indietro non si torna. Il Chieri ha vinto, si è ripreso la vetta e, ancor peggio, si è goduto una domenica da gladiatore nel luogo più prestigioso che ci sia, festeggiando con l’arroganza di chi crede di aver spazzato via i suoi rivali. Roba da far impazzire dal nervoso. Roba che al Franco Ossola non è mai successa. Roba che non risuccederà mai più se nella testa, nel cuore e soprattutto negli attributi dei giocatori entrerà la rabbia di tutti quei tifosi che domenica notte non hanno dormito dopo aver visto il Chieri, non il Livorno, venire a Masnago a fare la voce grossa, spavaldo e non spaventato, sfacciato e non timoroso, con le gambe piene di energia e non di paura, schiacciante e non schiacciato dal peso della storia, della tradizione, del blasone, delle imprese e degli eroi del passato. Se c’è una cosa che non manca e mai mancherà al pubblico biancorosso è la cattiveria (sportiva) da riversare su chi si mette tra lui e ciò che vuole. Ma il pubblico va chiamato mordendo caviglie (8 falli in un’intera partita è una cosa da budini: l’ha detto anche Max Allegri alla sua Juventus…), sporcando e sudando (in una parola, onorando) la maglia, consumando i tacchetti (sul campo. O dove serve farlo), mettendosi faccia a faccia con

chi alza troppo la cresta (per giunta davanti alla nostra panchina), aizzando la folla (che non aspetta altro che scendere in campo con la maglia numero 12, 13, 14… 1123… 1700… 2000… 9999). Il Varese non è un diritto acquisito, il Franco Ossola non è un amico a cui va tutto bene e che ti dà una pacca sulla spalla anche quando ne tradisci la fiducia (non facendo l’unica cosa che ti chiede: tirare fuori le palle). E non lo è (e non deve esserlo) neanche questa società, che siccome dà tutto deve pretendere altrettanto. Il mercato è qui: e sul mercato si andrà. Perché l’obiettivo è tanto goloso quanto alla portata (mancano quattro giornate: qualcuno ha per caso visto un avversario imbattibile?). Se persino Calzi – arrivato di notte mettendo il Varese sopra a tutto e tutti, fiero in panchina anche domenica al crepuscolo – è pronto a fare un passo indietro sapendo di non essere riuscito a dare quello che voleva per il bene superiore (quello del Varese), allora è chiaro che nessuno può pretendere di vestire la maglia più bella se per lei non è pronto a dare l’anima, a difendere il Franco Ossola, a giocare con cuore gonfio d’orgoglio e palle piene di cattiveria. La differenza tra essere, e non essere, un vero biancorosso.

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