Dalla A alla Z, vi spieghiamo cos’è e com’è il nuovo Varese Calcio.
Vederli tornare al Franco Ossola, con le loro carrozzine parcheggiate di fianco alla panchina di mister Melosi, sarà la nostra prima, vera, grande vittoria.
Dove è morta la società di ieri, dove tornerà quella di oggi. Perché è lì che meritiamo di stare, perché è quella la nostra casa.
Bellissima, pura, immortale. È da lì dietro che arriva il vento del Sacro Monte che spazza il campo di Masnago durante i gelidi pomeriggi di febbraio: quelli in cui ti scalda solo l’amore per il Varese. Da lì è partito quello stesso vento, portato da 300 corsari sotto la sede di via Manin il 4 luglio, che ha spazzato via tutto e tutti: «Meglio l’Eccellenza di questa dirigenza».
Dopo tutto quello che abbiamo passato l’anno scorso, questa parola sarà l’imperativo categorico di quest’anno.
Dicono tutti che questa categoria sia un inferno. Già, e noi saremo come il diavolo: ce lo prenderemo questo inferno.
È sul profilo di Enzo Rosa che è nata la pazza idea per recuperare i soldi necessari e creare questo Varese Calcio, quando attorno c’era solo il nulla. Il buco nero che aveva inghiottito il calcio della città non ha inghiottito lui, che assieme a tantissimi altri tifosi ha fatto un miracolo.
La sua esperienza sarà fondamentale nel delirio della prossima stagione: in alcuni campi si dovrà fare la guerra, lui dovrà essere il sergente di ferro a difesa delle nostre linee. Dovrà mettersi in testa l’elmetto, in mano le bombe, e scavare trincee sulle quali costruire le nostre vittorie.
Il suono delle risate dei bambini della scuola calcio, è quello che vogliamo sentire ogni volta che entriamo allo stadio. Loro sono il nostro domani, e non c’è nulla di più bello che viverlo oggi, questo futuro.
L’unica parola che non esiste nel nostro vocabolario, l’abbiamo sostituita con “impresa”.
Si riparte da lui, dalla B all’Eccellenza senza pensarci su troppo. Si è guadagnato il posto tra gli immortali e la fascia di capitano.
Dai suoi occhi di ghiaccio non si sfugge. Quegli occhi dovranno essere gelo nel gelo di Masnago.
Ce l’hanno cambiato all’ultimo secondo: da Varese Calcio 1910, a Varese Calcio e basta. Sinceramente ci piace anche di più così.
Chi vestirà quella maglia (giocatori, dirigenti, staff tecnico: vale per tutti) dovrè portarla a testa alta e con orgoglio: come la cosa più preziosa che c’è.
Quest’anno ne siamo sicuri: parleremo solo di calcio. Non di drammi, di libanesi, di cassarate, di dirigenti bugiardi, di debiti. Finalmente.
Il modulo marchio di fabbrica di Melosi, ispirato al maestro Zeman.
Come il sangue, bianco come la purezza.
Ci basta leggere “Life” su quelle magliette per capire che siamo tornati per non andarcene mai più.
Beh dai, una cosa buona c’è: potremo seguirci tutte le partite senza spendere un capitale.
Il Varese è di chi lo ama veramente e si è privato di quel poco che ha per riportarlo in vita. E questo vale più di tutto. Famiglia.
Non ci serve altro, nel nostro logo c’è tutto.
L’ultima lettera la dedichiamo al nostro Franco Ossola e alla sua erba magica, cresciuta nonostante le vecchie erbacce ormai ingiallite, secche, appassite e strappate via. Vanoni, se quel campo c’è, lo dobbiamo al tuo amore: solo a quello.