«Dawkins oscurava tutti e un po’ anche se stesso»

Avversario indimenticabile di Varese, se l’è portato via un infarto. «Ruppe due canestri nella stessa partita. Viveva schiacciando»

Il mondo del basket da l’addio ad un grande, Darryl Dawkins. Un cestista unico e a suo modo storico, per tante cose: per il carattere, per la indubbie capacità dimostrate sul parquet, per tutto quanto. Darryl si è spento a soli 58 anni colpito da un infarto. Un fisico fuori dal comune, una potenza straripante, una simpatia ed un’espansività che lo ha reso un personaggio irripetibile nel mondo della palla a spicchi. Nativo di Orlando, approdò in Italia dopo una lunga militanza in Nba e riuscì, seppur in una fase ormai calante della sua carriera, a stupire tutti.

Il giornalista del Corriere della Sera ha raccontato le gesta di Dawkins ancora prima che varcasse l’Oceano Atlantico. «Me lo ricordo benissimo quando arrivò a Milano per il primo torneo Open organizzato da Varese e Milano, era il 1984. Venne qua con i New Jersey Nets, in cui giocava anche , ma in realtà io l’avevo già visto nei miei primi viaggi americani assieme a ».
Dawkins era un giocatore che non poteva passare inosservato: «Era un bestione americano, che si pensava potesse diventare il nuovo , però si rivelò un enorme talento annacquato da un temperamento gioioso, forse troppo. Non si è mai espresso al pari delle sue potenzialità, o quantomeno come ci si prospettava per la sua carriera. La sua presenza era davvero imponente, in stile ». Gli aneddoti, poi, si sprecano: «Ho in mente come se fosse ieri una scena al Grand Hotel Brun di Milano: lui arrivò in ascensore, ed era talmente grosso, talmente imponente che oscurava la luce dell’ascensore. Uscì veramente infuriato, e cercava . Si racconta anche che, una delle rare volte in cui era furioso per davvero, riuscì a sradicare il water di un bagno con le mani, tanto da far capire quanta forza aveva in dote da madre natura. Infatti il soprannome Chocolate Thunder, che gli diede , fu veramente appropriato. Ricordo quando ruppe due volte il canestro nella stessa partita. Allora non erano ancora i canestri flessibili di adesso, infatti convinse l’Nba a cambiare le regole». A lasciare il segno fu soprattutto il Dawkins giocatore: «Visse il periodo dei Sixers in crescita, senza mai riuscire però a vincere l’anello. Aveva un potenziale enorme, ma per vincere Philadelphia dovette cederlo e prendere . Era eccentrico, famoso perché fu il primo giocatore di sempre, nel 1975, a passare direttamente dall’High School all’Nba, saltando il college».

Chi se lo ricorda bene è , che ci giocò contro quando vestiva la casacca di Trieste: «È stato un grandissimo giocatore e soprattutto una persona simpatica, disponibile, era scherzoso, sorridente. Ci giocai contro per due volte, io a Trieste e lui a Torino, ed era davvero imponente. Sembrava di marcare un armadio a quattro ante, perché era forte, pesante, molto faticoso da arginare». Anche Dino però è convinto di una cosa: «Penso che non si sia mai espresso al massimo del suo potenziale, anche se amava giocare a pallacanestro. Era il tipo di giocatore che faceva la differenza, catalizzava l’attenzione come e gli altri fenomeni che arrivavano dagli States». E non poteva mancare : «Me lo ricordo immancabile, tirava con l’80-90 %, e la maggior parte delle volte schiacciava. Era dominante ma non ha fatto la carriera che poteva fare. In Italia a Torino fece molto bene, poi andò a Milano ma non vinse lo scudetto. Ricordo una semifinale di Coppa in cui fece due falli ingenui, ed uscì dalla partita. Poteva essere dominante, ma non ci riuscì».