De Pol, parole da capitano: «Troppe analogie col 2008. Chiamate Vescovi»

Il grande Sandrino ha già vissuto sulla sua pelle una retrocessione: «Troppi giocatori cambiati, come allora. Ma la gente stia unita»

Sandrino De Pol ha vissuto una retrocessione sulla sua pelle, nel 2008, e da Trieste sta osservando questa tribolata stagione biancorossa con apprensione. Le analogie sono tante rispetto a quell’annata, la speranza di tutti è che l’epilogo sia differente. Lo chiamiamo a margine di un allenamento con la squadra Under 14 e ci risponde con tutta la disponibilità del mondo, perché quando si parla di Varese, Sandrino non si tira mai indietro. Non è un tipo che fa tanti giri di parole, e si capisce fin da subito. Ma lo sapevamo già.

Varese si trova in una situazione non semplice e questo non lo scopro certo io. Non me la sento di entrare nel dettaglio tecnico anche perché li ho visti giocare poche volte, pur seguendo con costanza l’andamento della stagione. Rispetto a quella che è stata la mia ultima stagione a Varese, sappiamo tutti come andò a finire, ritrovo qualche analogia quest’anno e sinceramente la cosa mi preoccupa.

Tanti, troppi giocatori cambiati in corsa, proprio come nel 2008. Anche quella squadra, oltretutto, aveva uno zoccolo duro di italiani sicuramente molto valido, tra cui non dimentichiamolo c’era anche Gek Galanda. Io lavorerei proprio su questo aspetto, sugli italiani, ad esempio il mio amico Cavaliero, quando tornerà dall’infortunio. Ripeto, non mi permetto di entrare in disamine tecniche che non mi competono, però un consiglio vorrei darlo, sinceramente..

Mi permetto con tutta umiltà di suggerire al pubblico di stare vicini alla squadra. Capisco il malumore, la rabbia, capisco tutto quanto, ma se c’è un modo per uscire da questa situazione, lo si trova solo remando tutti dalla stessa parte. Lo dico con fermezza: in questo momento storico, nessun tipo di manifestazione o di contestazione nei confronti della squadra può aiutare. Abbiamo capito tutti che è una stagione difficile, però la squadra, il pubblico e la società devono mettere i culi assieme e venirne fuori. L’unica soluzione è essere al supporto della squadra.

Sì, ma non solo, è un messaggio per tutti quanti. A Varese il pubblico è sempre stato il sesto uomo in campo, più che in qualsiasi altra piazza d’Italia. Proprio per questo non è semplice giocarci, soprattutto in queste situazioni, perché un giocatore non deve avere paure di sbagliare un tiro o un passaggio pensando alla reazione della gente. E’ pur sempre pallacanestro. Nel bene o nel male, Varese ti porta alle stelle e per questo forse Cavaliero ha cercato di rasserenare l’ambiente e trovare l’equilibrio. In questo caso però, permettetemi il termine, è necessario che tutti tirino fuori i coglioni, dai giocatori, al coach fino alla dirigenza ed ai tifosi.

Cecco Vescovi. Semplicemente Cecco Vescovi. Un personaggio come lui, che a mio modo di vedere ha salvato la Pallacanestro Varese già qualche anno fa con le sue idee e la sua faccia, con il suo passato e la sua conoscenza di questo ambiente, non può non essere parte di questa società. È stato una bandiera sia in campo che a livello dirigenziale, rappresenta una garanzia per tutto quello che ha fatto sia da giocatore che da dirigente, salvando la società in un momento delicato e riportandola in alto. Vedete voi in che ruolo, ma Cecco Vescovi deve far parte di questa società, è una risorsa troppo importante da cui Varese non può assolutamente prescindere. Serve lui, semplicemente lui, soprattutto in un momento come questo.

Un’ultima cosa: per favore, dite a quel pazzo Caielli di star tranquillo e di smettere di pestare giù duro. C’è bisogno del sostegno di tutti. Anche del suo, credetemi.