Delitto Macchi, la Cassazione annulla il risarcimento di 300mila euro per Stefano Binda

L'uomo era stato assolto in via definitiva dall'accusa di essere l'omicida della 21enne trovata morta nel gennaio 1987, violentata e accoltellata, a Cittiglio. Per la Suprema Corte non ci fu ingiusta detenzione perché non rispondendo all'interrogatorio di Garanzia dopo il suo arresto, ha "contribuito all'errore sulla sua carcerazione". La difesa: "Senza parole"

VARESE – La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello che aveva previsto un risarcimento di 300mila euro per ingiusta detenzione per Stefano Binda, 54 anni, assolto in via definitiva dall’accusa di essere l’omicida di Lidia Macchi, la 21enne trovata morta nel gennaio 1987, violentata e accoltellata, a Cittiglio, e rinviato in Appello per un nuovo giudizio.

Lidia Macchi

La Corte ha quindi accolto l’istanza di impugnazione presentata dalla Procura Generale, la quale ha sostenuto che Binda, non rispondendo all’interrogatorio di Garanzia dopo il suo arresto, ha “contribuito all’errore sulla sua carcerazione”.

Stefano Binda- assistito dall’avvocata Patrizia Esposito, “rimasta senza parole” e che commenterà quando “avremo le motivazioni”- dovrà quindi affrontare un nuovo processo per ottenere un eventuale risarcimento.