Domenica, sopra Masnago si è aperto il cielo: fischi, insulti, tutti contro tutti. Serve una guida, un leader, un capo popolo, che dimostri come, pur in modi diversi, tutti vogliano la stessa cosa. E siano spinti dalla stessa cosa: l’amore per il Varese. Stesse domande, doppie risposte: rispondono Enzo Rosa, fondatore e dirigente e Enzo “Zeno” Rosa, storico tifoso.
Guardo il bicchiere mezzo pieno. C’è nervosismo, serve tranquillità. Non possiamo pensare che persa questa partita non ci siano altre occasioni. Se arrivano risultati negativi, dobbiamo capire perché. Teniamo compatto, e se serve compartimentato, il gruppo. Facciamo quadrato, intorno alla squadra e al mister, perché sappiamo che dietro ogni partita c’è tantissimo lavoro e disponibilità totale dei ragazzi.
Sono dietro la porta, pieno di rabbia: giocatori di categoria ed esperienza, davanti al loro pubblico, vengono sbeffeggiati. Loro hanno l’atteggiamento che dovremmo avere noi: a Masnago dobbiamo essere a nostro agio, gli altri in ambiente ostile. Così il tifoso perde la testa e si arrabbia, anche con chi sta dando tutto.
C’è un problema mentale e servono capacità da psicologo per dare input nei momenti difficili, come quando ci si trova in 10 contro 11. Ma vivo Baiano ogni giorno e sono tranquillissimo: non credo ci siano allenatori come lui, capaci e puntigliosi, che sanno, studiano e insegnano calcio. Un uomo, e un mister, di responsabilità: ci ha messo la faccia prendendosi ogni colpa, anche più di quelle che ha. Avanti così: rivedremo il miglior Varese.
Me la prendo con tutti, preso dalla foga che nasce dalla passione. Voglio i cambi: il primo, il terzo e il quinto seduto in panchina dentro; e se uno di questi non va ne voglio un altro ancora. Quando mi calmo, rifletto. Ho attaccato tanti allenatori: mi ricordo Calligaris, uno dei primi di Capozucca. Lo contestai duramente: ma non eravamo secondi, non avevamo dimostrato valore. Oggi siamo lì, ce la stiamo giocando. Mi fido ancora di Baiano, ricordandomi il gran Varese visto diverse volte, l’ultima a Carate.
Resta l’amaro di vedere un passo breve tra euforia (“meno male che abbiamo cambiato, ora si vede qualcosa”) e tragedia (“non andremo da nessuna parte”). Come è e sempre sara, vogliono tutto e subito. E, se lo credono giusto, se lo sentono, contestano: è loro diritto. Ma non dimentico che sono gli stessi che, quando siamo rinati un anno fa, hanno messo mano al portafoglio per amore del Varese: chi critica non lo fa per partito preso, ma perché ama alla follia. E gli sono grato.
La voglia di rivalsa nei momenti difficili delle partite ti fa immedesimare e quando vedi qualche giocatore che non fa quello che tu faresti ti incazzi. A Varese c’è gente competente, che ama e segue questa squadra da sempre; che capisce le difficoltà e conosce soluzioni. Passata la rabbia dei 5 gol presi, cosa che a memoria non ricordo quando sia successa l’ultima volta, cerco di trovare il buono. Con chi contesta con esagerata cattiveria invece ci litigo. Ah, certo: dopo una sconfitta così, domenica vado a Borgosesia; chi non viene in trasferta dopo aver preso 5 gol in casa non è tifoso del Varese.
Prendo la foto in cui si vede che il gol del 2-0 è valido e lo spedisco alla Lega con una lettera: “Non vogliamo favori, ma neanche essere danneggiati. Vogliamo rispetto, come tutti”. Una protesta, ufficiale: non cerco alibi, ma se faccio un gol, quel gol è mio.
Faccio come qualche domenica fa: dico all’arbitro quello che penso e ci si becca 1000 euro di multa. Caso strano, nelle due partite successive abbiamo avuto due rigori e arbitraggi in linea.
Mi ricordo le scelte che ho fatto e le difendo. Vedo la sfortuna che ci ha colpito sotto forma di infortuni: non mi autoassolvo, la affronto. Sapendo che ho anche un budget che non posso sprecare, perché per esserci, anche nel futuro, bisogna restare solidi.
Voglio un attaccante: segniamo poco, o comunque segna poco il nostro bomber. E dopo ieri voglio anche un centrocampista. Manca sempre qualcosa e, senza pensare a regole, tempi o budget, voglio tutto ciò che credo serva.
Qui c’è qualcosa che non c’è altrove: un ambiente unico e l’ambizione di tornare dove eravamo. Ce lo meritiamo, dopo quello che abbiamo passato e per la passione che ci mettiamo. E ci torneremo. Sì, ci credo.