«Dolore, rabbia, forza: orgoglioso di me Sei anni senza mare. Chi mi ci porta?»

Ognuno di noi ha una data spartiacque, dopo la quale la vita non è stata più la stessa. Quella di Luca Alfano è il 15 settembre 1990: l’ha ricordata su Facebook, dove ha 2.500 amici, abbinando una sua bella foto di bambino felice.

È stato l’inizio di tutto, la svolta in negativo della mia vita. Quel giorno, dopo un’estate in cui ero sempre stato stanchissimo e pallido, dagli esami del sangue mi trovarono una forte anemia e diagnosticarono un’emorragia polmonare. La sera stessa fui ricoverato d’urgenza a Varese e trasfuso. Dopo due settimane mi trasferirono a Pavia per venti giorni. Così iniziò la mia avventura ospedaliera, che continua: giusto ieri mi hanno ri-ricoverato al Niguarda.

Allora aveva 13 anni.

Capivo poco di ospedali e malattie, non mi rendevo conto di quello che mi stava accadendo. Volevo solo tornare a giocare a calcio. Per beffa, la mia camera si affacciava su un campetto: ogni giorno soffrivo vedendo gli altri sgambettare.

A livello agonistico nell’Azzate. Ero bravo, tanti dicevano che avrei avuto un futuro. C’erano ancora i numeri classici: ero un 9 con un destro vellutato, mi piaceva segnare ma ancor di più fare l’ultimo passaggio. Volevo essere un 10, come il mio idolo Maradona, però il mister, Gigi, mi metteva sempre di punta. Gigi era un grande, devo andare a trovarlo.

Iniziavo la seconda media, quell’anno fui bocciato per le troppe assenze.

Forse non me ne sono ancora reso conto… Ho sempre cercato di prenderla con filosofia: per esempio, finché ho potuto, anche con la lingua per terra, ho continuato a giocare a pallone, per hobby con gli amici. Tutti mi chiedevano perché avessi mollato e io, che ero molto orgoglioso, inventavo scuse: tipo che siccome non andavo bene a scuola e mio padre mi negava l’Azzate.

Dolore, rabbia e forza. Sono contento di come sono, e di come ho affrontato questi 24 anni. Grazie alla mia famiglia e agli amici, che non mi hanno mai lasciato solo.

Quando mi hanno negato l’idoneità agonistica. Mi è crollato il mondo addosso.

L’ultimo anno, con l’uscita del libro e le emozioni che mi regala la famiglia del Varese.

Sì: ho fatto molti anni “nascosto”. Poi ho conosciuto Giacomo Cosentino, un ragazzo eccezionale che tra l’altro è consigliere comunale a Varese ma non mi ha mai parlato di politica. Non finirò mai di ringraziarlo: lui ha capito il mio problema e mi ha aiutato in tutto quello che volevo realizzare. Tante cose le abbiamo fatte, altri progetti li abbiamo in testa.

Mi piace stare tra la gente e creare sempre nuove cose.

È nato per caso, tanti anni fa, giocando con gli amici alla Playstation. Una parola che mi è sempre rimasta in mente e che usavo spesso. Finché è finita sulle felpe.

Cerco di esserlo, e spero di rimanerlo. Tutto parte dalla testa: sono più sereno adesso di quando camminavo ancora.

Quattro anni. Ma i miei 5-6 metri riesco ancora a farli.

Andare allo stadio è stata la vera rinascita. L’avevo sempre seguito in tv, qualche anno ho cominciato a frequentare i distinti, ma non ero un abituale. La svolta positiva del mio percorso, come uomo e tifoso, è stata conoscere Paola Frascaroli: oggi appena posso vado allo stadio, anche agli allenamenti. Per me è come respirare aria pura: torno sempre a casa pieno di “carrrica”.

No, nessun esempio. Sono solo me stesso: se questo trasmette fiducia e può essere di aiuto ad altri, ne sono felice.

Cerco di non pensarci, anche se trovo assurdo che dopo 24 anni non ci sia ancora una diagnosi certa per il mio caso. Purtroppo non sapere il nome vuol dire non avere neanche una base da dove partire per curarla.

Mi piacerebbe girare nelle scuole e tra le società calcistiche con il mio libro. Sto provando ad organizzare la cosa.

Vorrei raccontare loro una storia vera, magari per farli far riflettere, per provare a lasciargli qualcosa dentro. Una storia di forza e coraggio forse può essere d’aiuto anche a qualcuno di loro.

È stato un post scritto per gioco, da cui è nato qualcosa di incredibile. In effetti erano anni che non ricevevo una cartolina: me ne hanno scritte più di 50, altre pare siano in arrivo. Per lo più da persone che conosco solo virtualmente. Alla più bella regalerò una t-shirt “Carrrico”.

Sei anni che non esco da Varese per le vacanze. Andrei da qualsiasi parte, basta che ci sia il mare. Questione di napoletanità: spero di riuscirci al più presto.

Si è avverato il sogno di una vita, il sogno dei sogni. Lui, Diego, che mi abbraccia e mi bacia la mano: chi l’avrebbe mai immaginato, di solito è il contrario. Mi sento più che un privilegiato.

Lo adoro. È un Varese con grinta, un bellissimo gruppo dove si respira aria buona. E deve correre a cento all’ora per vincere.

Io non do neanche retta a questi qua. Assurdo contestare un baby all’esordio: Scapinello è un bravissimo ragazzo, con grandi qualità tecniche. Bisogna solo stargli vicino, e dargli fiducia.

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