«Mio padre mi racconta di un bambino che abitava vicino a lui, quando era piccolo, si chiamava Beniamino. E una mattina non ha più visto né lui né la sua famiglia».
Erano i giorni bui delle leggi razziali, delle deportazioni nei campi di concentramento. El’aveva raccontato, quel ricordo di suo padre, nella biblioteca di Cardano al Campo, introducendo un incontro per il giorno della memoria. Andando a ripercorrere una storia che era anche parte di sé, parte di una persona a cui voleva bene. Sottolineando con forza la necessità di non dimenticare. E di essere sempre al fianco dei più deboli. Con coraggio.
Lei, Laura, di coraggio ne ha. E anche oggi viene spontaneo non usare il passato.
Nel 2012 con una coalizione di centrosinistra vince le elezioni a Cardano al Campo, divenendo la prima donna alla guida del Comune. E, dizionario alla mano per rispondere a chi davanti a quella scelta storceva un po’ il naso, durante un consiglio comunale ha spiegato per filo e per segno perché aveva scelto di farsi chiamare ”sindaca”. Che pure dal dizionario è accettato.
Laura Prati e le sue scelte per le donne. Per i bambini. Per i deboli. La cultura, la società. Prima che sindaca, politicamente parlando, è stata consigliere e poi assessore a Cultura, Pubblica istruzione, Pari opportunità e vicesindaco, forte sostenitrice dell’importanza di avere sul territorio comunale una sede del Filo Rosa Auser in aiuto alle donne maltrattate. E presidente provinciale del Pd, partito nel quale militava. La sezione di Cardano al Campo ha immediatamente sospeso la festa democratica che era in programma per questo e per il prossimo fine settimana all’area di via Carreggia. Anche se nessuno, adesso più che mai, vuol lasciar perdere quei progetti a cui lei teneva. In cui ci metteva la faccia in prima persona. Laura, dolce e forte, coraggiosa e sincera. La sindaca. La moglie. La mamma. L’amica.
Dopo l’operazione del 2 luglio all’ospedale di Gallarate, per estrarle dall’addome i proiettili che le aveva sparato addosso l’ex vigile , seppur restando in prognosi riservata e in terapia intensiva, Laura Prati si era ripresa.
Poi, una settimana dopo, l’intervento al Circolo di Varese per trattare una fistola arterovenosa a livello di un’arteria dell’addome inferiore. Trattamento, comunicava l’ospedale, «regolarmente condotto», ma «al termine della procedura si è manifestato un deterioramento del quadro neurologico». Un’emorragia intracranica, sulla quale si era intervenuti immediatamente. Le condizioni sono rimaste sempre «estremamente gravi». Anche se i familiari avevano sperato in quel suo reagire agli stimoli neurologici, rispondere con gli occhi. Pur restando cauti. Ma poi il peggioramento «negli ultimi due giorni», confermava ieri l’ospedale. Accanto a lei c’è sempre stato il marito .
Forte, come Laura. Coraggioso, come Laura. Che nei giorni dopo l’emorragia intracranica le continuava a parlare, continuava a stimolarla e a sperare in quei piccoli segni. Che per tutti quelli che le vogliono bene sono stati speranza sino in fondo. Sino a una fine che non vorresti dover scrivere.
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