«Non mi ha fatto nulla.» È questa la frase, ripetuta più volte, dalla 36enne ricoverata da lunedì sera in ospedale a Varese. Nonostante le sue parole, i segni sul corpo raccontano un’altra storia. E gli inquirenti non hanno dubbi: quella sera la donna sarebbe stata vittima di un pestaggio e di una violenza sessuale. I carabinieri, intervenuti immediatamente, hanno arrestato il compagno, un uomo di 36 anni, anche lui di origini straniere ma con cittadinanza italiana.
L’episodio sarebbe avvenuto all’interno dell’appartamento in cui i due convivevano, una casa apparentemente normale, nel cuore della città. Il giorno seguente, all’alba, è scattato l’arresto su disposizione del pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma, titolare dell’inchiesta. E oggi, venerdì 25 luglio, il sospettato, difeso dall’avvocata Lucia Matilde Vincenti, si è presentato davanti al giudice Niccolò Bernardi per l’udienza di convalida: il giudice ha confermato l’arresto e disposto la permanenza in carcere.
Si avvale della facoltà di non rispondere
Durante l’interrogatorio, l’uomo ha scelto di non rispondere alle domande del giudice. Nel frattempo, i carabinieri e la Procura hanno effettuato un sopralluogo nell’abitazione della coppia, alla ricerca di elementi utili alle indagini. Secondo fonti investigative, sarebbero emersi indizi importanti, ma per ora il contenuto del sopralluogo resta riservato.
I vicini raccontano di alcune discussioni nei giorni precedenti, ma nulla che potesse far pensare a una situazione di pericolo imminente. “Sembravano una coppia tranquilla”, riferisce qualcuno. Nessuno si aspettava un epilogo tanto violento.
Il silenzio della vittima: tra paura e possibile sudditanza psicologica
Il dato che più colpisce è il comportamento della donna: nonostante le ferite compatibili con un’aggressione sessuale, continua a sostenere di non essere stata picchiata né abusata. Gli investigatori ipotizzano che dietro a queste dichiarazioni possa esserci una condizione di paura o di dipendenza psicologica, probabilmente frutto di un contesto di violenza domestica ripetuta. Al momento, però, il reato di maltrattamenti in famiglia non è stato formalmente contestato all’indagato.
L’uomo ha piccoli precedenti penali, ma nessuno legato a reati sessuali. Eppure, gli inquirenti non escludono che la donna possa essere rimasta prigioniera di un meccanismo di minimizzazione e giustificazione delle violenze subite. Uno schema purtroppo noto in molti casi di abuso tra le mura domestiche.
L’inchiesta è solo all’inizio, ma i primi elementi raccolti sembrano andare in una direzione chiara. Resta ora da comprendere se la donna troverà la forza – o la possibilità – di raccontare una verità diversa da quella che, per ora, continua a negare.