Dopo lo “J’accuse” ecco il “Ripiccone”. Ora scendete dal palco e fateci risalire il Varese

Il commento di Fabio Gandini

«Io amo il Varese, non come quello lì». «No, il Varese lo amo più io». «Dove sono questi signori?». «A questi signori rispondiamo che…». Asilo Mariuccia in salsa calcistico-varesina? No, signori (ci adeguiamo alla moda del momento e chiamiamo così i nostri cari lettori), molto di più.

Alzate il sipario, svuotate il foyer, riempite platea e gallerie: a Varese è tornato il Teatro Sociale, quello vero. Chi non perde occasione di sottolineare la mancanza nella Città Giardino di una struttura adeguata all’arte del palcoscenico non ha forse mai assistito a uno spettacolo dei soci attuali del Varese della pedata. Carmelo Bene, Giorgio Albertazzi, Eduardo De Filippo e Dario Fo? No, direttamente dalla serie D (avessi detto Champions League…) ecco i mattatori Gabriele Ciavarrella, Enzo Rosa, Paolo Basile e Aldo Taddeo, citati in rigoroso ordine di apparizione sul palcoscenico (pardon, conferenza stampa).

Il saggio di perizia, talento ed esperienza degli attori succitati è sgorgato prepotentemente nelle ultime tre settimane: parole che trovano nella loro ripetizione l’enfasi adeguata, pugni sbattuti sul tavolo a sottolineare i concetti importanti, interrogativi che si perdono nell’aria mentre la fervida immaginazione di chi li pronuncia costruisce davanti a sé un interlocutore non presente, pause sceniche, voci modulate alla perfezione nel discettare di debiti, fornitori e quote.

Arte, purissima. Dopo lo scoppiettante “J’accuse” di Ciavarrella-Rosa, ieri è andato in scena il “Ripiccone” della strana coppia Basile-Taddeo, con tanto di sorrisi di scherno verso gli spettatori e il sempre verde “coup” (de théatre, appunto) che consiste nel dividere la stampa cittadina in amici e nemici. Magistrali entrambe le opere, lo ammettiamo: più simpatica la prima; tenebrosa, testosteronica, noir la seconda.

Ora, un consiglio: scendete dal palco. E fateci risalire il Varese.