Due giudici, un solo imputato Nel mirino per cinque euro

VARESE A processo per rapina e resistenza a pubblico ufficiale nella stessa mattinata: due i giudici, due anche i riti scelti, uno soltanto l’imputato. Pietro G., 35 anni, di Varese, una vita difficile alle spalle nonostante il sostegno della famiglia. In questi casi si parla di soggetto noto alle forze dell’ordine ma per fatti non cruenti. Come quelli andati a giudizio ieri mattina il primo davanti al gup Natalia Imarisio, il secondo davanti al giudice Rosella Ferrazzi in costituzione monocratica. La rapina impropria è avvenuta nella primavera 2010 in centro a Varese. Ammontare del bottino: cinque euro. La condanna, a fronte del guadagno, appare di tutto rispetto: due anni con accoglimento delle richieste dell’accusa sostenuta dal pubblico ministero Sabrina Ditaranto. I fatti. L’uomo incontra un ragazzino a spasso per strada, lo avvicina e gli chiede di cambiargli cinque euro dalla moneta alla carta. Il ragazzino estrae una banconota da cinque dal portafoglio vedendosela strappare Il ladro, perché nel frangente quello commesso sarebbe stato un furto, a quel punto è saltato su un bus di passaggio per darsi alla fuga. Ma

il ragazzo l’ha inseguito riuscendo a prendere lo stesso pullman; ne è seguito un battibecco accesso al termine del quale il trentacinquenne ha spinto il ragazzo già dal mezzo pubblico finendo però per essere identificato poco dopo. Come si diceva il soggetto è noto; molto spesso bazzica la zona della stazione ferroviaria dove bivacca. La resistenza risale allo stesso anno; quando l’uomo si è scaldato davanti ad un controllo perdendo le staffe e dando in escandescenza contro le forze dell’ordine. Pena comminata ieri mattina, con accusa sostenuta dal pm d’udienza Aldo Macciani, sei mesi. Quasi tre anni di carcere accumulati in poche ore. «Stiamo parlando di un soggetto disagiato, non di un criminale di spessore» spiega l’avvocato difensore Alessandra D’Accardio. «Non è pericoloso; è stata rigettata una richiesta di inasprimento della misura di sorveglianza speciale alla quale è sottoposto. Ora c’è un assistente sociale che si sta occupando di lui; la speranza è di poterlo sistemare in una comunità. Magari lontana da Varese dove tutti lo conoscono e dove non riesce a trovare lavoro. Un posto dove poter ricominciare».

s.bartolini

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