– Anni e anni di partite trasmesse, tanto da non ricordare nemmeno l’inizio del tutto.
Quello tra Rete 55 e Pallacanestro Varese è sempre stato un connubio naturale, metabolizzato dalla gente con i crismi del focolare, calda abitudine su cui sempre contare.
Poi la fine, questa sì impressa nella mente perché totalmente inaspettata. Di una vera tradizione che si interrompe parliamo con il direttore Matteo Inzaghi. E con tutto il suo rammarico.
È la Pallacanestro Varese che ha perso Rete 55 e questo vorrei che fosse ben chiaro.
Perché l’azienda, che nella fattispecie ho rappresentato come mediatore tra le parti, non ha apprezzato né i tempi, né i modi usati dalla società di piazza Monte Grappa nella finalizzazione dell’accordo. Dietro all’allestimento della trasmissione di una partita, dietro alla cronaca, dietro al servizio che abbiamo sempre cercato di fornire ai nostri spettatori e alla Pallacanestro Varese c’è un lavoro molto complesso, uno sforzo, che purtroppo non è stato valorizzato. Probabilmente è stato dato tutto per scontato.
Sì, le decisioni sono state prese poco prima dell’inizio del campionato, quando Rete 55 aveva dato la massima disponibilità. Per andare incontro alle abitudini dei tifosi e per evitare che rimanessero spiazzati, pur in presenza di accordi diversi rispetto al passato la nostra emittente ha manifestato l’intenzione di garantire lo stesso spazio nel palinsesto alle partite. A questo invito non è arrivata alcuna risposta.
Sì, perché siamo sempre stati la tv di riferimento del territorio e abbiamo attraversato la storia del basket varesino, mettendoci impegno e risorse.
No, ero a Expo. Ma mi sono documentato in tutti i modi possibili, perché per me Varese rimarrà sempre una passione forte, una di quelle per cui ti mordi le labbra e ti fa male il fegato. L’esordio ha confermato le brutte impressioni che avevo ricavato dal precampionato: difficoltà e fragilità in attacco. Nessuno, però, nemmeno il più esperto conoscitore di pallacanestro si sarebbe aspettato una caporetto del genere».
Cambiare subito non è mai un buon segno: non si è avuta una settimana per fare la squadra. Detto questo, spero arrivi il giocatore in grado di farci fare un passo in avanti.
Non credo che possa succedere: il supporter varesino non perderà mai l’amore verso questi colori. Il popolo di Varese è dipendente dal basket, come se fosse un drogato. Altra cosa, però, sono la partecipazione e il senso di appartenenza, entrambi da non dare per scontati. Ricordo l’anno della retrocessione: i risultati sportivi furono drammatici, ma la città dimostrò grande maturità e a quella crisi si rispose con entusiasmo. A un campionato malvagio si può porre rimedio, la perdita di cultura cestistica, invece, è più difficile da ricostruire.