Ma sì, era nell’aria. Era nell’aria quel guizzo, quella fiammata, quell’invenzione. Quella vittoria che avrebbe dato una svolta, lanciando Varese nella volata verso una salvezza che da tanto tempo non appariva tanto vicina. Tanto bella. Una vittoria che d’un tratto rasserena il cielo, e che soprattutto svela di colpo tutto il lavoro fatto finora da Caja e dai suoi ragazzi. Lavoro che finora era stato nascosto da qualche sconfitta di troppo, dalle magagne di una squadra male assortita, dalla sfiga che ogni volta metteva di fronte a Varese la squadra più in gas del momento.
Era nell’aria, sì. Ed è arrivata al momento giusto, nel modo più giusto, mettendo il destino di Varese nelle sue mani. Completare l’opera domenica prossima battendo Pesaro sarebbe quel passo decisivo verso la fine di (quasi) tutte le paure: perché fermarsi ora, sarebbe davvero da pazzi.
Ad Avellino ha vinto la squadra, tutta quanta: da Anosike (vi prego, “tifosi” con la puzza sotto il naso: continuate a schifarlo) a Maynor, da Eyenga (bella risposta dopo la serata disastrosa contro Pistoia) a Johnson, da Ferrero (simbolo della Varese che non vuole morire) a Cavaliero. A dimostrare con i fatti i passi avanti fatti da questo gruppo da quando a condurlo è Attilio Caja. A dimostrare la forza di una società che non ha ceduto alle facili tentazione di spendere soldi (che non ci sono) per tappare buchi, scegliendo invece la strada della calma e del lavoro in palestra.
Avanti così, gente: finiamo il lavoro vincendo le partite che ci sono ancora da vincere, chiudendo una volta per tutte questo incubo. E poi sarà il tempo delle analisi, delle valutazioni, della pianificazione seria. Archiviato definitivamente il passato più nero con tutte le sue scorie, si potrà lavorare tenendo a mente tutti gli errori che in questi anni sono stati fatti, rifatti e ripetuti. Ma no, no: è ancora presto. C’è da vincere ancora qualche partita. E poi, alla fine, ci saremo noi che faremo di tutto per non permettere più certe cazzate.