«È stata dura, ma ne è valsa la pena»

Calcio - Stefania Salmerigo, figlia della presidentessa Patrizia Testa, si guarda indietro e racconta la sua annata

Quale posto migliore dei popolari dello “Speroni” per un’intervista a Stefania Salmerigo? Quei gradoni, Stefania – oggi ventenne addetta stampa della Pro Patria – li calca fin da piccolina: «Avrò avuto due o tre anni quando ho visto per la prima volta la Pro». Merito di papà Gigi e mamma Patrizia Testa. «Inizialmente mi portavano in tribuna – ricorda – ma a me piaceva venire qui, nei popolari, dove il tifo era molto più caldo».

Sì. Ma confesso che da piccolissima ero milanista come mio papà.

A 5 anni. Dovevamo andare a Sharm el Sheik: mia mamma mi disse: ti porto solo se diventi juventina.

Esatto. E meno male. Se fossi rimasta milanista avrei avuto poche gioie: già ne ho avute poche dalla Pro.

Per la Pro Patria, senza dubbio. Durante una partita della Pro fumo fino a 20 sigarette per calmarmi: un’ansia indescrivibile.

Un po’ di paura, perché la piazza di Busto è abbastanza difficile. Il nostro pubblico è giustamente esigente: può essere il dodicesimo uomo, come può affossarti. D’altra parte sapevo che mia mamma avrebbe potuto farcela, perché è una donna forte. Credo che un po’ l’abbia fatto anche perché mi vedeva soffrire tantissimo per la Pro.

Quello no. Ovviamente la mancanza di risultati e altri problemi legati alla società ti buttano un po’ giù.

Avendo entrambe una forte personalità, fatalmente ci scontriamo un sacco di volte. Ma le voglio un bene dell’anima, e sarò sempre in prima linea a difenderla se mai dovesse essercene bisogno.

Su alcune cose la pensiamo in modo diverso. Ad esempio, a mio parere lei si sottovaluta un po’ troppo quando dice che non capisce nulla di calcio. Magari capirà poco di moduli e tattiche, ma sa distinguere un giocatore bravo da un brocco. Ferri l’ha voluto lei: non mi sembra uno scarso.

Da Collovati mi sarei aspettata qualcosa di più, sono sincera. Ma rispetto le sue scelte personali e non le giudico.

Visto da dentro è un mondo di squali, con troppe persone che cercano di lucrare sulle procure. Sono comportamenti che nel mondo dello sport non dovrebbero esistere.

Diciamo che in certe situazioni bisognerebbe avere più faccia tosta.

Io ce la farei, non mi piace farmi prendere in giro. Ma mia mamma mi frena, e io faccio quello che mi dice lei. Alla Pro Patria lei è il mio capo, il rapporto madre-figlia va messo da parte.

Risultati della squadra a parte, la ritengo un’esperienza positiva. Non mi dispiacerebbe un futuro professionale legato al calcio, e anche per questo sto pensando di studiare economia sportiva per migliorare le mie competenze.

Diciamo una cosa: spesso, quando parlo di calcio con altre donne, mi sento un uomo. Nel senso che davvero molte non sanno di cosa parlano. Io penso di capirne abbastanza, lo seguo fin da bambina, ho un fidanzato calciatore. Generalizzare è sbagliato, ma c’è un fondo di verità in quello che dice Mihajlovic.

No, imbarazzo mai. Non è mai stato trattato in modo diverso dagli altri. Mi spiace solo se sento allo stadio qualche offesa nei suoi confronti, ma è una reazione umana, che finisce lì.

Cancellerei le partite con Renate e Pordenone, davvero pessime. Salverei Santana: vederlo giocare è uno spettacolo.

È un episodio che condanno nel modo più assoluto. Quando ci sono dei problemi, si risolvono parlando civilmente, come peraltro era successo altre volte. La violenza intacca il bello dello sport, che è divertimento e passione.

Sì, è vero, c’è del fermento. Io mi auguro solo che mia mamma possa essere affiancata da persone serie, che collaborino con lei in maniera corretta, pulita, e nel rispetto di quelli che sono i valori dello sport. Deciderà lei per il meglio della Pro Patria»

Parole al vento: non l’hanno fatto. Sia chiaro: ci sta che la gente si allontani per i risultati negativi, ma già ad inizio stagione la risposta della piazza era stata tiepida.

Per me sì, vale ancora la pena. C’è una frase che mi piace: “se non la ami quando perde, non amarla quando vince”.