– «fu determinante per lo sviluppo investigativo sul caso della morte di Lidia. Quando le indagini si erano arenate, dopo l’ipotesi di una responsabilità nel delitto di Piccolomo, io e i suoi familiari riguardammo un’intervista da lui rilasciata anni prima a “Chi l’ha Visto?” nella quale sosteneva di essere convinto che colui che aveva scritto la lettera anonima “in morte a un’amica” era l’assassino della figlia. Così, un anno e mezzo fa abbiamo deciso di percorrere questa strada».A parlare è l’avvocato della famiglia Macchi,, che ricorda la grandezza di papà Macchi, morto venerdì a causa di una crisi respiratoria. Giorgio Macchi non ha mai smesso di sperare di avere giustizia per la figlia. «Ora, si trova davanti a Lidia – commenta l’amico di famiglia, – Lui è il primo a conoscere la verità rispetto a ciò che è accaduto a Cittiglio, la sera del 5 gennaio 1987». Comprendere cosa sia realmente successo alla figlia in quella terribile notte è stata la sua ragione di vita negli ultimi trent’anni.L’uomo era stimato da tutti. Da tempo era ricoverato al Molina e lì, in quel letto, la moglie Paola gli aveva sussurrato il 15 gennaio scorso «forse l’abbiamo preso», riferendosi all’arresto di , 49 anni, di Brebbia, ex compagno di liceo di Lidia. «La signora Paola – continua l’avvocato Pizzi – mi ha raccontato che in quel momento, nonostante lui non potesse più comunicare verbalmente, gli sono diventati gli occhi lucidi. Ogni volta che veniva menzionata Lidia, cambiava espressione e si illuminava. E ogni anno, Giorgio si presentava in Procura da per chiedere se ci fossero novità sulle indagini». Chi lo ha conosciuto lo ricorda come una persona che ha saputo trasformare il male in bene. «Il signor Giorgio ha affrontato questi trent’anni – continua l’avvocato – con
una dignità e una compostezza incredibili. Dopo la morte di Lidia ci sono stati momenti di difficoltà e di smarrimento personale, lui però é riuscito a tenere la famiglia unita».Franzosi ha conosciuto Giorgio e Paola Macchi perché insieme partecipavano alle vacanze estive in montagna organizzate dalla parrocchia di Bisuschio. «Li ho conosciuti circa vent’anni fa, dopo la tragedia, e ho ascoltato il racconto di ciò che era successo – continua Franzosi – La loro esperienza è quella di un grandissimo dramma vissuto con dignità e con una grande domanda nel cuore. Proprio in quegli anni vi è stata la loro conversione al cristianesimo e hanno iniziato a frequentare un gruppo di sostegno alle famiglie che hanno perso figli giovani: loro sono stati un esempio e un punto di riferimento per tante famiglie dilaniate da tragedie». Anche , ex sindaco di Varese, ha frequentato per molti anni dopo l’omicidio di Lidia i coniugi Macchi. «Prima che Giorgio si ammalasse, durante le vacanze estive, eravamo seduti allo stesso tavolo. Giorgio, nonostante il dolore, è stato in grado di vivere questi trent’anni in modo propositivo. E Lidia vive ancora in Uganda grazie a Giorgio. Lì, lui ha realizzato un asilo: la “Casa di Lidia Macchi”. Oggi ci sono circa trecento ragazze che frequentano la casa di Lidia». Ieri alle 21, nella parrocchiale San Vittore di Casbeno si è celebrato il rosario. Domani, sempre a Casbeno, alle 15.15 la funzione funebre. «Quella dei Macchi è una famiglia sofferente e già martoriata che ora deve aggiungere un ulteriore tassello di fatica a questo percorso già difficile – commenta monsignor – Si meritano grande attenzione da parte di tutti». La salma di Giorgio Macchi verrà disposta in una tomba provvisoria: la tomba di famiglia è, al momento ancora sotto sequestro.