Trent’anni fa usciva E.T.. Chi non ricorda “E.T. telefono casa”? Il dito teso che si illumina? O la celebre sequenza notturna del volo in bicicletta con una luna piena sullo sfondo? Era il giugno del 1982 quando il film di Steven Spielberg, “E.T. – L’extra terrestre” usciva nelle sale americane, in Italia arrivava nel dicembre dello stesso anno.
Una pellicola che ha segnato e commosso l’infanzia di intere generazioni, ma con sorpresa c’è anche chi non lo ha mai visto. Il film racconta di un piccolo extraterrestre, abbandonato sulla terra dai suoi compagni di viaggio costretti a una frettolosa partenza. E.T diventa amico di Elliott, un ragazzino americano, che insieme al fratello Michael e alla sorellina Gertie lo nascondono fino a quando, grazie a un fortunoso segnale di aiuto, riesce a ritornare nello spazio. L’alieno protagonista è realizzato dal mago degli effetti speciali Carlo Rambaldi, che viene premiato con uno dei quattro Oscar che il film conquista, oltre a due Golden Globe. Un film impresso nella memoria di molti varesini, ma non di tutti. «Non ci credera… Non l’ho mai visto!», dice Marco Chiaravalli, medico. «Credo di averlo visto all’Ambassade, una sala nel quartiere EUR di Roma. Il ricordo più vivo è la tanta tristezza che mi lasciò. Compresi per la prima volta cosa significasse lasciare una persona che “ami”. Ero abituato a tanti altri “alieni” forti, vincenti e senza paura. E.T. invece era diverso. Tenero, indifeso e in cerca di un vero amico.
Dopo quel film ho sempre sperato che un dito si illuminasse anche per me, prima o poi, per volare verso il sole con la mia BMX», racconta Filippo De Sancitis, direttore del Teatro di Varese. «Mi ricordo prima di tutto che non mi hanno lasciato andare al cinema (naturalmente). Quando poi sono riuscita a vederlo (a casa) è stato qualche tempo dopo. Il refrain che continuavamo a dirci era “Telefono casa”. Allungavamo il dito fino a toccarci ripetendolo. Nella mente le immagini della sorellina, Drew Barrimore, quando aveva vestito ET da bambola e quando Eliot lo mette nel cestino della bici. Poi l’ho rivisto coi miei scolari e con le mie bambine. E ora ho chiara l’immagine di ET rinsecchito nella vasca di congelamento perché Marta piange solo a pensarci. Non possiamo più vederlo e neanche nominarlo! Quel che mi è sempre passato, comunque, è un forte sentimento di amicizia. Casaaaa!», ricorda Stefania Colonna Preti, insegnante e architetto. «La prima immagine è quella in cui Et e il bimbo pedalano nel vuoto. Non ha avuto una grossa influenza su di me quel film, ma poco tempo fa mi è capitato di riguardarmelo con piacere.. Visto al cinema, ricordo le lacrime per quando Et stava male.. e la voglia di avere una banda di amici per scorrazzare in giro per Varese. Già 30 anni? Ricordo mi sarebbe piaciuto davvero pensare di ritrovare un giorno un extraterrestre in giardino… i ricordi pian piano riaffiorano…» racconta Jacopo Zizza, motociclista.
«Per la prima volta vedevo un film al cinema dei grandi, all’Impero, e per di più sul palchetto a due posti. Fino ad allora avevo visto cartoon al Rivoli o al Lyceum. Solo questo rende speciale il ricordo di ET. Certo non è il capolavoro della carriera di Spielberg, ma ha segnato un’epoca sdoganando un primo approccio alla fantascienza per il grande pubblico», dice invece Luigi Corbetta, informatico.
e.marletta
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